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    Incidenza dell'istituto sulla formazione religiosa



    Riccardo Tonelli

    (NPG 1970-10-06)

    La folata di vento contestatore che i giovani hanno immesso nella nostra cultura ci ha insegnato a non accettare più nulla, per inerzia.
    Prima di giocare fiato, entusiasmo e vita, desideriamo renderci conto, fino in fondo, dei moduli d'impiego.
    Questo vale anche per la gestione educativa dell'istituto. Soprattutto all'inizio d'anno, prima di essere afferrati dai vortici degli impegni. Nella civiltà dei consumi, ogni cosa si misura a suon di moneta. La moneta della vita dell'istituto è la sua incidenza formativa, la sua capacità educativa.
    Serve a qualcosa, oppure si fanno grossi buchi nell'acqua? Affiorano, qua e là, interrogativi e rifiuti che incrinano il fronte intoccabile dei difensori ad oltranza del «si è fatto sempre così».
    Qualcuno è arrivato a condannare tutto in blocco, accusando di incapacità congenita.
    Il realismo pastorale che perseguiamo ci ha consigliato di tentare la verifica dei fatti.
    Sono stati interpellati i giovani di molti istituti con scuole di tipo superiore: a loro si è chiesto un parere spassionato.
    Il lungo discorso che pubblichiamo è la loro risposta, meditata e interpretata.
    La validità dell'istituto ne esce riconfermata.
    Anche se c'è qualcosa di grippato, che ha bisogno di una energica spinta in avanti.

    PARTE PRIMA
    PRESENTAZIONE DELLA RICERCA 

    SCOPI DELLA RICERCA

    Presentazione del questionario

    Il questionario utilizzato è un adattamento, presentato in Note di Pastorale Giovanile 1969, V, dalla Rivista Famille, College et Institut che lo ha utilizzato per un rilevamento simile.
    Alcune tavole relative all'insegnamento religioso sono precedenti anche alla Rivista francese perché utilizzate in una inchiesta del 1965 su «L'atteggiamento verso l'insegnamento religioso negli studenti delle scuole medie superiori» pubblicata in Orientamenti Pedagogici (XII, 4). Gli items hanno quindi alle spalle una notevole sperimentazione.
    I difetti, rilevati nella applicazione curata dalla nostra Rivista, sono di piccola entità (linguaggio non sempre immediatamente chiaro, elenchi non molto esaustivi con conseguente possibile influenza sulle risposte; soprattutto non ci pare ben riuscita la domanda ottava sulla funzione del sacerdote: il carattere prevalentemente «sacro» della sua missione
    ha poco spazio).

    Fine dell'inchiesta

    La redazione di Note di Pastorale Giovanile, nel promuovere l'inchiesta,
    si è prefissa queste finalità:
    • Tentare una valutazione di massima dell'incidenza educativa dell'istituto. In un periodo di forte contestazione, in cui si avanzano riserve sul suo significato, ci pare importante raccogliere un parere riflesso dei soggetti direttamente interessati. Proprio per l'oggettività delle indicazioni, si è preferito fare spazio non tanto a domande centrate immediatamente sul problema, ma ad un procedimento induttivo: passare cioè dalla «mentalità» corrente dei giovani che concludono il ciclo formativo dell'istituto, alla sua incidenza reale.
    • Tentare anche una analisi valutativa dei singoli mezzi formativi di cui l'istituto di fatto dispone, per programmare eventuali cambi di rotta, a partire dalla loro rispondenza.
    • Evidenziare alcuni problemi specifici, pregiudiziali a tutto lo d'orzo educativo dell'istituto: livello medio di secolarizzazione dei giovani; mezzi di influsso positivi e negativi, anche inconsapevoli, nella costruzione della personalità; valutazione della scuola di religione; figura del sacerdote-educatore-«professore». In analisi, i temi saranno ripresi commentando le singole tavole.
    • Oggetto del nostro studio, e quindi delle finalità dell'inchiesta, i giovani delle classi terminali (o almeno i giovani degli ultimi corsi, come può risultare dalla curva di età, espressa nella tav. 0/B).

    IL CAMPIONE

    La ricerca riguarda gli alunni maschi delle scuole medie superiori degli istituti gestiti da enti religiosi.
    Sono stati inviati quaranta questionari a 15 istituti di una Congregazione religiosa (la Congregazione salesiana, per i rapporti con la redazione della Rivista: ci pare però che i dati siano tranquillamente generalizzabili), dislocati in modo che, geograficamente e tipologicamente, fossero rappresentativi della curva di presenza totale dei giovani.

    Bari ITI
    Bologna ITI
    Brescia ITI/CAP
    Catania CL
    Firenze GEO
    Faenza SC
    Frascati CL
    Messina CL
    Novara SC
    Roma ITI
    Torino ITI
    Varazze RAG
    Venezia CAP

    Le risposte ottenute e analizzate sono 443.
    Nell'inviare i questionari ai responsabili d'istituto, è stata sollecitata
    l'applicazione ad una o due classi, scelte di preferenza tra quelle terminali.
    Non sono state indicate preferenze tra esternato ed internato (anche se i vari istituti prescelti hanno alunni del primo e del secondo tipo): per questo non ne figura la voce nelle varie tavole. La valutazione è quindi globale, anche se abbiamo coscienza della notevole variazione esistente. Agli intervistati non sono stati richiesti altri dati se non quelli relativi all'età e alla scolarità anche in vista del fine specifico del questionario: una valutazione di massima dell'incidenza formativa dell'istituto nel suo complesso e nelle sue componenti.

    1970-10-09

    Applicazione del questionario

    Il questionario è stato applicato durante il novembre-dicembre scorso. Si è scelto un periodo tranquillo e sufficientemente scoperto dell'anno scolastico, per togliere suggestioni momentanee o influenze particolari
    (esami, delusioni o tensioni di fine anno).
    La parziale esperienza vissuta in apertura d'anno scolastico avrebbe dovuto invitare a ripensare alle più lunghe (e ormai decantate) esperienze precedenti (intervistati sono, lo si ricorda, gli alunni delle terminali).
    Forse, il periodo estivo da poco terminato e generalmente disperdente, può aver leggermente modificato gli indici di valutazione.

    • L'applicazione dei questionari è stata fatta dagli educatori dei singoli istituti interessati: non esiste quindi una linea omogenea di presentazione né un criterio unico di lettura degli items (il linguaggio dei questionari può aver subìto leggere interpretazioni e non univoca comprensione, a partire dai suggerimenti che i singoli proponenti possono aver fatto. Erano state raccomandate oggettività, sincerità, libertà-spontaneità. I proponenti, restituendo i questionari compilati, hanno fornito assicurazioni abbastanza confortanti, in merito).

    • L'applicazione dei questionari è stata fatta sempre in gruppo: o durante l'orario scolastico o in riunioni spontanee.
    Il gruppo offre, come è noto, alcuni condizionamenti, di conformità, non sempre immediatamente avvertibili anche per gli stessi proponenti.

    • Non è possibile riassumere statisticamente l'indice di accettazione da parte degli intervistati dei fini dell'inchiesta stessa. Un elemento di valutazione è fornito dall'analisi dei questionari compilati.
    Sono generalmente ben curati, scritti con una grafia matura, privi di segni che inducano a dubitare della serietà di lavoro.
    Generalmente denotano una retta lettura e interpretazione dei singoli items.
    Sono stati, ad ogni modo, eliminati tutti i questionari non rispondenti alle due indicazioni sopra ricordate. L'eliminazione non supera mai
    valori del 5%: nelle singole tavole è tabulata assieme alla voce «non risposto».

    Valutazione dei risultati

    Il valore dei risultati, per quanto riguarda la loro estensione a tutta la popolazione interessata, è rapportabile non al numero di soggetti in-chiestati (numero esiguo – 443 soggetti – rispetto alla popolazione scolastica): ma alla rappresentatività oggettiva del campione.
    Ci pare di poter affermare la rappresentatività del campione in base alla tecnica di campionatura e alla distribuzione geografica e scolastica.

    Tecnica di campionatura

    Precisato il numero dei vari tipi di scuole, al suo interno le scelte sono state operate a caso (gli istituti hanno rimandato le risposte nella totalità): assente solo un CL del Nord, non sostituito per la già notevole
    presenza di scuole dello stesso tipo).
    La scelta delle classi, all'interno dell'istituto, è stata affidata alle motivazioni soggettive dei singoli intervistatori, con evidenti larghi margini di casualità (forse si può optare per una eventuale eccedenza verso i dati positivi, perché è facile che nell'eventualità di una scelta l'intervistatore abbia preferito una classe più impegnata e più disponibile: per atteggiamento inconsapevole di difesa, maggior facilità di «chiedere collaborazione», più sicurezza disciplinare, ecc.).

    Distribuzione del campione

    E opportuno chiedersi inoltre se la divisione del campione rappresenta veramente la distribuzione scolastica. La risposta nasce dall'esame della tavola che segue, riportante i dati ricavati dall'«Annuario statistico dell'istruzione italiana» (vol. IX-1968), della popolazione maschile delle scuole statali e private gestite da religiosi (le percentuali sono nostre). Ci pare presente una buona correlazione di percentuali:
    – l'alta percentuale CL della nostra inchiesta (24,8) trova riscontro con la corrispettiva delle scuole gestite da enti religiosi (41,1);
    – l'alta percentuale di alunni dell'ITI (34,5) corrisponde al tipo scolastico di prevalenza della Congregazione religiosa interessata all'inchiesta e alla percentuale delle scuole statali (31).

    1970-10-11


    I limiti denunciati a proposito dell'applicazione del questionario non sono tali da poter condizionare visibilmente la validità dei risultati complessivi.
    Ogni inchiesta ha un margine di incertezza. Se ben fatta (stesura delle domande, campionatura, applicazione, tabulazione) i limiti di incertezza possono oscillare dall'1 al 10%.
    Alcuni tecnici, con cui è stata discussa questa inchiesta, hanno valutato
    i limiti di scarto, nell'ordine del 3-5%. Ci rimane quindi, in ogni caso, un buon 95% di sicurezza. Sicurezza che garantisce l'espressività dei risultati, pur nel significato indicatore di ogni inchiesta. Del resto nella tabulazione dei dati sono stati eliminati decisamente tutti i questionari (o le singole risposte) in cui affioravano errori tecnici o di lettura.
    Le domande erano in genere «chiuse»: a risposta obbligata, in base a scelte o a indicazioni di valutazione: eloquenti, quindi, nella fredda voce delle cifre.
    Solo due domande (la V e la IX: cfr. le tavole) erano «aperte»: chiedevano cioè di elencare liberamente motivi ed elementi.
    Per la tabulazione si è fatto ricorso ad una traduzione delle affermazioni in un codice precedentemente fissato, a partire da una panoramica su tutte le risposte ottenute.
    Successivamente si è proceduto alla registrazione numerica dei dati. Nella codificazione e tabulazione si è cercato di conservare l'originalità di ogni singola risposta (alcune sono riportate in appendice nella loro freschezza di stesura), contemperandola con l'opportunità di una griglia abbastanza ristretta di voci, per permettere un confronto immediato e significativo delle singole preferenze.

    PARTE SECONDA
    LETTURA DELL'INCHIESTA 

    Per facilitare una lettura, in chiave educativa, dei risultati della inchiesta, presentiamo le tavole riassuntive dei dati, raccolte in un ordine interno che tenga conto dei problemi affrontati.
    Nella terza parte di questo articolo riprenderemo invece alcuni temi di fondo che ci paiono come la filigrana di tutto il quadro.

    GLI IDEALI

    Il ritratto «morale» di un giovane (e di conseguenza l'efficacia della educazione a lui impartita) nasce dalla composizione del mosaico dei suoi ideali.
    Nessuna domanda della nostra inchiesta aveva per oggetto una ricerca
    specifica sugli ideali.
    La prima (positivamente) e la terza domanda (in una prospettiva negativa) possono però offrire utili indicazioni a questo proposito.

    Prima domanda

    Molte persone sono convinte che loro manchi qualcosa per essere completamente felici.
    Quali sono, secondo te, le tre cose dell'elenco che segue, la cui privazione non permette di essere felici?
    (elencare in ordine di importanza con 1-2-3, a seconda che la loro privazione sia più o meno grave).

    1970-10-13

    Tra amore e amici, tra fede e pratica religiosa sembrerebbe esistere un notevole parallelismo, tale da influenzare la lettura dei dati.
    Con alcuni gruppi giovanili si è discusso, a viva voce, il contenuto ideale di questa domanda per ottenere una verifica sperimentale. Si è costatato che:
    – è ben chiara la discordanza tra fede e pratica religiosa: lo due cose sono stimate diverse per densità e urgenze; sono spiegabili quindi le posizioni occupate nella graduatoria;
    – si tende invece a considerare abbastanza vicine le due voci «amici» e «amore», anche se con sfumature leggermente diverse.
    Sembra quindi attendibile questa classifica degli elementi che i nostri giovani valutano capaci di costruire felicità.

    Tav 1/B

    Prima scelta

    amore 35,3
    fede religiosa 23,2
    libertà 17,8
    amici 7
    salute 6,6
    denaro 3
    istruzione 1,6
    lavoro 1,4
    pratica religiosa 1,4

    Tav 1/C

    Seconda scelta

    amore 23.9
    libertà 22,3
    fede religiosa 18,7
    salute 9,9
    amici 7,3
    denaro 4,1
    pratica religiosa 3,6
    lavoro 3,4
    istruzione 2,7

    Una classifica in assoluto, ottenuta dall'integrazione tra la prima e la seconda scelta, con appello alla terza scelta nei casi dubbi (con questo metodo opereremo anche nelle altre tavole), vede decisamente al primo posto l'«amore» (confortato dal quarto posto del valore «amicizia»), al secondo posto la «fede religiosa», al terzo la «libertà».
    Gli ultimi posti in questa graduatoria di preferenze sono occupati rispettivamente dalla «pratica religiosa» al penultimo posto (tutto il contesto dell'inchiesta ci autorizza a leggere «pratica religiosa» come il complesso delle varie pratiche esterne, considerate non sempre come manifestazione autentica di quella fede che i giovani accettano e ricercano; cfr. nella terza parte le note sul livello di secolarizzazione dei nostri giovani); e della «istruzione» all'ultimo.
    Le voci «denaro» e «salute» occupano le posizioni intermedie.
    Le scelte sono decisamente orientate verso impegni costruttivi. Si cancella l'immagine sbiadita del giovane abulico e arrivista, quello dei tre M, per intenderci, descritto da una certa letteratura.

    Terza domanda

    Ecco un elenco di «modi di rare» abbastanza frequenti al giorno d'oggi. (elencare in ordine di importanza con 1-2-3 i tre atteggiamenti che tu stimi più gravi)

    1970-10-15

    L'elenco contiene comportamenti raggruppabili in ben precise categorie:
    a) mancanze di carattere sociale (nell'elenco, i numeri 3 e 6);
    b) mancanze di ordine sessuale e di pratica religiosa tradizionale (i numeri 2, 4 e 5);
    c) «modi di fare», determinanti per la maturità della personalità (i numeri 1 e 7).
    È interessante la classificazione di gravità data dai giovani.
    • L'atteggiamento valutato più grave è lo scoraggiamento (1).
    • Seguono immediatamente le mancanze di ordine sociale (3 e 6).
    • Agli ultimi posti (inferiori per gravità solo alla trascuratezza scolastica) le mancanze indicate alla lettera b (2, 4, 5).
    • Fa da cuscinetto tra il primo fascio e il secondo il disimpegno relativo alla propria fede (7), con chiara corrispondenza alle indicazioni di preferenza emerse alla domanda prima.
    Sta maturando quindi un capovolgimento di una moralità abbastanza tradizionale nelle suggestioni catechistiche e nelle valutazioni personali.
    E per le istanze di fondo, almeno, dobbiamo rallegrarcene.
    Il tema merita una riflessione più attenta perché coinvolge il grosso discorso sulla secolarizzazione: sarà fatto oggetto di studio più avanti.

    INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE

    La seconda e sesta domanda offrono indicazioni interessanti a proposito della scuola di religione e dell'insegnamento religioso in generale. I due termini non li consideriamo come sinonimi, in senso stretto. Lo sforzo di costruzione di una mentalità di fede, all'interno di un istituto di educazione, non è certo riducibile alla scuola di religione: sono molti altri i momenti in cui la parola diventa proposta di fede. Varie domande ritornano su questo tema, per elencarne gli influssi positivi e quelli aberranti. Largo spazio è però sempre riservato alla scuola di religione.
    Leggeremo quindi la tavola, a partire da queste considerazioni. Del resto sono i dati stessi che ci costringono a considerare «insegnamento religioso» (tav. 2) come voce più estesa di «scuola di religione» (tav. 6). Se i temi fossero coincidenti, si noterebbe una certa contraddizione: la sesta domanda esprime sfiducia sulla traducibilità in atteggiamenti, mentre la seconda ha il punto massimo di positività sulla «capacità di esprimere una valutazione cristiana nelle diverse circostanze della vita», quindi in un atteggiamento.
    E questo parziale ottimismo sui frutti dell'insegnamento religioso è confortato anche dalle tavv. 5/A e 5/B, dove si esprime parere favorevole (su medie di 50%) sulla utilità della permanenza in istituto per la propria vita cristiana.

    Seconda domanda

    Quale effetto ha prodotto in le l'insegnamento religioso che hai ricevuto a tutt'oggi?

    1970-10-17

    È possibile sintetizzare le risposte, con le seguenti considerazioni:

    ♦ Che cosa ha prodotto di cristianamente qualificato l'insegnamento religioso:
    • aiuta ad esprimere valutazioni cristiane (il 29,8% lo afferma con decisione; il 51,8% con qualche incertezza);
    • dona un senso positivo ed ottimista alla vita (il 25,3% lo afferma con decisione; il 45,1% con qualche incertezza); è interessante notare come questa affermazione coincida con la valutazione di massima gravità a proposito dello scoraggiamento (cfr. tav. 3);
    • non crea difficoltà insormontabili per la vita quotidiana (il 45,9% l() afferma con decisione; il 27,3% con qualche incertezza);
    • incerto e oscillante invece l'influsso sulla facilità e familiarità alla preghiera.

     Che cosa invece non produce l'insegnamento religioso:
    • non spinge ad approfondire lo studio della religione (con decisione: 70,9%; con qualche incertezza: 23,8%);
    • non spinge ad una pratica sacramentale abituale (con decisione: 41,5%; con qualche incertezza: 45,3%);
    • non spinge a fuggire le occasioni pericolose (films, letture) (con decisione: 61,3%; con qualche incertezza: 25,7%);
    • non spinge a testimoniare esteriormente con la parola la propria fede (con decisione: 44,8%; con qualche incertezza: 37,2%); questa privatizzazione della fede, facilmente riscontrabile nella pratica quotidiana,
    ritorna frequentemente anche in altre tavole, con sfumature diverse (cfr. tavv. 4 e 7).

    I vantaggi elencati non sono né piccoli né pochi; anche se le percentuali lasciano parecchio di scoperto. Per una vita cristiana adulta, manca però ancora molto. Ma la lettura di questa tavola può a ragione confortare; se alla speranza si aggiunge un impegno deciso e preciso in avanti. La linea da battere è quella del documento di base per la catechesi italiana, quella dell'integrazione cioè tra fede e vita; e quindi di una pastorale che faccia più spazio alla completezza dell'uomo.

     La tav. 6 (cfr. pagina seguente) riporta la valutazione sulla scuola di religione.
    I dati relativi alla scuola di religione possono essere fotografati in questa diagnosi che sembra comprensiva di tutte le emergenze: c'è una fiducia nella convinzione personale di colui che insegna (lo afferma con decisione il 65,8% e con qualche incertezza il 18,3%), ma se ne mette in dubbio la capacità pedagogica, per il fatto che essa non è legata alla realtà ed è sentita poco interessante (afferma la prima sottolineatura con decisione il 27,3% e con incertezze il 36,3%; la seconda, il 40,9% cui si aggiunge il 28,6% di incerti). Non è troppo organica ed è difficilmente traducibile in atteggiamenti (le maggioranze che affermano il
    contrario sono abbastanza ridotte, tenendo conto soprattutto delle alte percentuali di posizioni intermedie).

    Sesta domanda

    Alcuni alunni affermano che la scuola di religione li lascia completamente insoddisfatti.
    Ecco i motivi che adducono. Tu sei d'accordo con loro?

    1970-10-19

    ♦ Tra i mezzi che costruiscono «la spina dorsale» della fede dei giovani (cfr. tav. 4) era elencata anche la scuola di religione. L'indice di preferenza la colloca al penultimo posto. Non pare però frutto di sfiducia. Gli elementi che la precedono in graduatoria nella tavola citata, sono di notevole portata formativa: questo può ridimensionare l'apparente
    svalutazione.
    Inoltre, i giovani non giudicano in astratto, ma tenendo dinanzi agli occhi il ritratto reale della loro scuola. Ed essa non è poi nelle condizioni ottimali, almeno nei loro giudizi soggettivi.

    UN CONFRONTO INTERESSANTE

    Come è stato ricordato nelle note introduttive, esistono alcuni dati di un analogo campione italiano con cui confrontare i nostri.
    Un'inchiesta condotta da G. Negri a Roma nel 1965 aveva due domande perfettamente identiche a quelle da noi utilizzate (unica variante: l'assenza di un'indicazione della nostra seconda domanda).
    Le tavole che seguono riportano i dati del campione globale e dello stralcio per le scuole rette da religiosi. Con questi ultimi, per la specifica affinità, facciamo il paragone.
    La convergenza è più avvertita negli elementi di tipo dottrinale e di «mentalità»; la divergenza è più forte invece quando il discorso apre alla «pratica», alla traduzione cioè in gesti di coerenza, almeno formale ed esteriore (notevole a questo proposito la frequenza ai sacramenti e l'impegno di evitare films e letture pericolose, cfr. tav. 2). La secolarizzazione si fa sentire...
    Una certa divergenza esiste anche circa l'attualità e l'aggancio esistenziale della proposta cristiana (cfr. tav. 6). I programmi e l'insegnamento sono certo diventati più legati alle situazioni di vita, ma non in proporzione alla relativa sensibilità giovanile, che ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni (basti pensare alla denuncia di «essere fuori dalla vita», di «non toccare i problemi umani» di cui si parla alla tav. 9, nonostante un innegabile e notevole sforzo di aggiornamento).

    1970-10-20

    1970-10-21

    ELEMENTI DI FORMAZIONE

    Le domande quarta e settima chiedevano ai giovani di valutare gli elementi più comuni di formazione.
    I risultati hanno alcuni limiti. L'elenco non era esaustivo; non ci si può
    quindi appellare a questi con esclusività. La quarta domanda, inoltre, era piuttosto estrinsecistica: si chiedeva un giudizio in astratto, nella pelle degli altri.
    Una valutazione più completa e dettagliata, soprattutto per quanto concerne la vita dell'istituto e l'esperienza degli inchiestati, nasce dalle risposte aperte offerte alle domande quinta e nona, tabulate rispettivamente nelle tavv. 5/C e 9/C.
    Su questo argomento, di vivo interesse, si ritornerà in seguito, tentando un esame dettagliato dei singoli mezzi formativi.
    Per ora ci pare sufficiente una lettura di massima delle scelte giovanili.

    Quarta domanda

    Una facile costatazione: alla fede di molti giovani manca molto spesso una spina dorsale (nell'elenco riportato sotto, indica in ordine di importanza con 1-2-3 le tre cose più importanti, secondo te, per un approfondimento personale della propria fede)

    1970-10-22

    ♦ L'ordine di preferenze, in base alla capacità formativa per la costruzione di mentalità di fede, è il seguente:
    primo posto: lettura meditata del vangelo;
    secondo posto: ambiente familiare;
    terzo posto: dialogo con un sacerdote;
    quarto posto: esercizi spirituali;
    quinto posto: servizio agli altri.

    ♦ All'ultimo posto è indicato il contatto con adulti cristiani (forse, la voce non è stata ben compresa: lo fa pensare una lettura comparata con la tav. 7 ove un posto notevole occupa il contatto con personalità che vivono coerentemente la propria fede). Una classificazione così poco incoraggiante può affondare le radici nella diffusa sfiducia giovanile nei confronti degli adulti.
    Ma ci sono due attenuanti:
    • l'elenco della tav. 4 conteneva una serie di elementi molto significativi: l'ultimo posto non dice svalutazione ma gerarchizzazione (cfr. quanto si è detto più sopra a proposito del posto riservato alla scuola di religione);
    • inoltre non è facile che i giovani abbiano l'esperienza di contatti con adulti qualificati: un po' per il loro integrismo che condanna spesso ciò che non ha il profumo dei vent'anni; un po' perché non se ne trovano molti di adulti così, sotto il nostro cielo... (anche quelli con cui vivono gomito a gomito quotidianamente sono stati fotografati con gravi riserve: cfr. tav. 9/C).

    I giovani accettano - e ne sentono l'urgente bisogno - il dialogo con qualche sacerdote capace (oltretutto... è un adulto cristiano!): la voce ritorna con insistenza in molte tavole. Ma proprio perché valutano fortemente costui, sono portati a svalutare gli altri, non avvertiti alla sua altezza.

    Settima domanda

    Ti pare di essere stato aiutato a comprendere la tua fede e a vivere la tua vita cristiana più intensamente da qualcuno degli elementi elencati sotto?

    1970-10-23

    Le voci della tav. 7 non sono gerarchizzate; poiché si chiedeva solo di scegliere tra l'affermazione o la negazione, non esiste un ordine all'interno. È possibile però costruirne uno, a partire dalle percentuali con cui si è preferito il sì o il no.
    Risultano quindi indicati come elementi di notevole portata nella costruzione e comprensione della propria fede, in ordine di preferenza: gli esercizi spirituali;
    l'ambiente familiare;
    il gruppo;
    la coerenza con cui gli adulti vivono la propria fede
    (è interessante notare la convergenza con la tav. 4, almeno per le prime voci, e con le tavv. 5/C e 9/C).
    Risulta decisamente sconfessata la validità in vista della fede della capacità formativa di canzoni, autori letterari, rubriche della TV e (cosa strana!) del cosiddetto «rinnovamento conciliare». A proposito di quest'ultimo, forse, i giovani non hanno avvertito che esso è il nucleo centrale delle altre cose che hanno preferito (degli esercizi spirituali, per esempio). O, forse, hanno colto solo gli aspetti esteriori del rinnovamento liturgico senza discendere nel profondo, in una presa di coscienza personale dei dinamismi che sono sottesi. Molti contatti diretti – e chi lo ha provato può testimoniare – ricordano l'entusiasmo e il calore di fede di «messe giovanili»: i partecipanti hanno scoperto la chiesa, al loro interno. Il rifiuto denunciato in questa tavola, se non deriva da una sua lettura non esatta, suona accusa alla vita liturgica dei nostri istituti, facendoci toccare con mano che c'è qualcosa di grippato, dentro i cambiamenti solo esteriori.

    FUNZIONE DEL SACERDOTE

    L'ottava domanda centrava l'attenzione sulla funzione che si vorrebbe riservare al sacerdote in questa nostra società pluralistica.
    L'elenco di possibili compiti ci pare abbastanza difettoso: ai molti impegni di tipo «profano» qui elencati (per utilizzare un'accezione immediatamente comprensibile), non fanno riscontro quelli specificamente «sacri»; praticamente esiste una sola voce (celebrazione dell'eucaristia e dei sacramenti) e per di più anche non troppo ben espressa.
    Alcune indicazioni sono abbastanza vicine come contenuto (educazione religiosa dei ragazzi e animazione di gruppi giovanili); possono aver influenzato in qualche modo le scelte (ogni inchiestato aveva a disposizione solo tre possibilità).
    Si deve inoltre aggiungere che i giovani avevano dinanzi agli occhi una figura tipica di sacerdote: l'educatore-professore. Per la sua funzione specifica, egli non è sempre di immediato gradimento: e questo condiziona, magari inconsapevolmente, la ricerca. Confrontando questa con le altre domande, si nota una vivace fiducia nell'influsso formativo del colloquio con qualche sacerdote (al terzo posto di scelta nella tav. 4 e tra i primi alla tav. 9/C) cui fanno riscontro le pesanti valutazioni sulla globalità del gruppo dei sacerdoti (tavv. 5/C e 9/C).
    Esiste una sfiducia abbastanza diffusa sulla incidenza positiva del gruppo dei sacerdoti con cui si è a contatto quotidiano, pur apprezzando l'aiuto e la capacità di qualche singolo sacerdote (cfr. commento alla tav. 4). Questa sfiducia non è sempre oggettiva (e sicuramente non è di tutti; e neppure della maggioranza: cfr. tav. 9/C): può derivare dai condizionamenti di mentalità offerti dai compagni d'istituto (valutati come disfattisti dal 21,2%, tav. 9/C) e dal clima generale di contestazione.
    Le risposte vanno lette, infine, tenendo anche in evidenza una pressione da non sottacere:
    • la letteratura corrente, a livello anche divulgativo, chiede al sacerdote un preciso impegno di carattere sociale, accanto ai poveri e ai diseredati;
    • è spontaneo proiettare sugli altri l'io ideale che si condivide e che magari non è facile tradurre nel quotidiano; i giovani della nostra inchiesta hanno dimostrato una notevole apertura verso i problemi sociali (cfr. tav. 3): questa loro carica essi la proiettano nei tratti caratterizzanti del
    sacerdote.
    A partire da queste chiarificazioni, può essere affrontata la lettura della tavola.
    Una graduatoria comparata tra le varie scelte vede decisamente al primo posto la presenza accanto ai poveri e ai diseredati (5);
    al secondo posto è l'impegno di animazione cristiana e di educazione a favore dei ragazzi e giovani (4 e 8);
    al terzo posto l'apostolato in un paese sottosviluppato (10).
    Occupano invece gli ultimi posti, nell'ordine, il lavoro nelle fabbriche, l'apostolato in un istituto e il lavoro di riflessione.
    La funzione specifica del sacerdote occupa una posizione mediana, nella graduatoria compilata dai giovani: il fatto non deriva, forse, tanto dalla diffusa sfiducia verso la «pratica» religiosa, quanto dalla considerazione che si tratti di una cosa talmente pacifica che non è opportuno spendere
    i gettoni di preferenze a disposizione.

    Ottava domanda

    Secondo te, quale compito dovrebbe soprattutto svolgere il sacerdote nel mondo d'oggi?
    (dall'elenco riportato indica in ordine d'importanza con 1-2-3 alcuni compiti)

    1970-10-26

    Fa invece pensare il fatto che i giovani «educati» all'interno di un istituto, animato dalla presenza di numerosi sacerdoti, non desiderino il sacerdote occupato in queste funzioni (il numero 3, al penultimo posto). Il confronto con la tav. 9/C dove si afferma che l'influsso negativo dell'istituto è motivato per un 15% dal disimpegno dei sacerdoti-educatori può indicare una spiegazione almeno giustificativa.
    Queste annotazioni sono alleggerite però, almeno in parte, dal secondo posto di preferenza occupato dalla voce «educazione religiosa dei ragazzi e animazione dei gruppi giovanili». Molto spazio - o forse la totalità - della presenza dei sacerdoti nell'istituto dovrebbe avere questo scopo.
    Non sempre i giovani lo avvertono: per difetto di vedute... o per oggettiva assenza.
    I giovani chiedono al sacerdote di essere al loro fianco, nella ricerca di una fede e vita cristiana matura; non si accontentano però del modo tradizionale di esercitare questa presenza.

    VALUTAZIONE GLOBALE
    DELLA CAPACITÀ EDUCATIVA DELL'ISTITUTO

    Le domande quinta e nona, con risvolti differenti e con giudizi globali uniti a riflessioni a ruota libera (la metà dei giovani ha risposto alla parte «aperta» della domanda: una percentuale molto alta che rende veramente significative le indicazioni emerse), chiedevano una valutazione di massima dell'istituto:
    • da una prospettiva di precisa vita cristiana, la domanda quinta;
    • da una prospettiva di responsabilizzazione morale e sociale e di conseguente coerenza, la domanda nona.
    La quinta domanda nella prima parte (tav. 5/A) chiede un'impressione non necessariamente od esclusivamente dipendente dalla permanenza in istituto.
    Il «durante» può essere interpretato come causalità o come semplice fatto cronologico.
    I dati positivi crescono quando ci si riferisce chiaramente all'influsso dell'istituto (anche se di poca misura e con la necessità di decurtare 1'8,3% di risposte multiple). Il 27,9% che si dichiarava indifferente, nella seconda parte della domanda (tav. 5/B) è stato costretto a prendere posizione, scegliendo le varie sfumature all'interno del giudizio di positività o di negatività.

    Quinta domanda

    A - In quale direzione tu pensi che la tua vita cristiana si sia sviluppata durante la tua permanenza in istituto?

    1970-10-27

    B - In questa evoluzione della tua vita cristiana, ti pere che In permanenza In istituto ti abbia 
    aiutato - protetto - orientato - raffreddato - annoiato - nuociuto?

    1970-10-28

    La quinta domanda conteneva anche una richiesta aperta, per indicare i modi e i motivi dell’influsso – positivo o negativo – dell’istituto.
    Risposte ottenute: 243 (54,8%)
    Nessuna risposta: 200 (45,2%)

    1970-10-28b1970-10-29

    ♦ L'ultima domanda poneva in rapporto la permanenza in istituto con la costruzione di un senso di responsabilità sociale e morale; il 50,3% degli intervistati si dichiara positivo.
    Purtroppo i dati calano leggermente quando ad essi si chiede un giudizio nella coerenza pratica. Ma tutto questo depone a favore della sincerità e della percezione dei propri limiti che i giovani sentono. Non è assente però un'ombra di pessimismo: questi giovani che denunciano lo scoraggiamento come la mancanza più grave (tav. 3), non sono sufficientemente ricchi di speranza e di ottimismo cristiano, quando valutano se stessi (tenendo conto anche del 23,9% di non risposte: tav. 9/B).
    Realismo e autocritica o frutto di un'educazione in cui ha ancora largo spazio di prevalenza un moralismo negativo e giuridista? È difficile ritrovare una risposta, all'interno dei dati a disposizione.

    ♦ Il 50% di affermazioni positive non può far dimenticare la controparte che non si dichiara sufficientemente responsabilizzata.
    Si tratta di un quadro di riferimento di grande importanza.
    Le «forti personalità» di cui parlano i documenti conciliari, come finalità dell'educazione cristiana, hanno il denominatore comune nella equilibrata percezione del proprio ruolo nella società. La scuola cattolica non può non prenderne atto, se vuole essere un vero servizio di stimolo, anche a tutta la scuola italiana. Andranno «inventate» strutture portanti capaci di promuovere una larga corresponsabilizzazione.
    Andranno, con coraggio, smantellati quegli handicaps che non permettono un respiro di guidata spontaneità. Indicazioni chiare emergono anche nelle tavv. 5/C e 9/C (basti pensare, per esempio, al 15,6% che denuncia l'obbligatorietà non ragionata delle pratiche di pietà). Molto però è stato fatto o è in cantiere.
    Il 50,3% di «contenti», nella crisi generale di contestazione che sta soffrendo la scuola, lo conferma, a larga misura.
    Tutto sta a non guardare con compiacenza al passato, ma a vivere «protesi in avanti» (Fil 3,13).

    Nona domanda

    Ti pare di aver sufficiente coscienza della tua responsabilità personale nei confronti della vita morale e spirituale dei tuoi compagni d'istituto?

     Tav 9/A

    sì                          223   50,3

    no                        139    31,4

    non risposto           164    37  

    Ti pare di agire con conseguente coerenza?

    Tav 9/B

    sì                          164   37

    no                         173    39,1

    non risposto           106    23,9  

    La nona domanda conteneva anche una richiesta aperta:
    quali sono gli elementi che ti hanno maggiormente aiutato a formarti un senso di responsabilità sociale e quelli che ti hanno ostacolato, nella vita d'istituto?
    Risposte ottenute: 221 (49,%)
    Nessuna risposta: 222 (50,1%)

    1970-10-31

    ALCUNE AFFERMAZIONI SIGNIFICATIVE

    Stralciando tra le tante risposte aperte alle domande quinta e nona (cfr. tavv. 5/C e 9/C), riportiamo alcune affermazioni, per il loro sapore di appassionata sincerità, anche se fortemente critica.

    Istituto e vita cristiana

    Perché ho visto che quanto dicono i preti è ideologia bella e buona e che in nessun modo essi rispecchiano le loro parole. Perché manca nei preti una vera convinzione e le loro prediche sanno troppo di letterario e libresco. Perché considerano certi lati della vita, tabù. Perché non sanno presentarsi a noi da veri amici e credono di risolvere la vita spirituale di un ragazzo in tre giorni di Esercizi Spirituali. Perché i problemi di un ragazzo non sono capaci di risolverli e si contentano di dare un'infarinatura (18 a., II CL).

    Troppi professori, e tutti con idee loro; viene spontanea una domanda: ma quanti cristianesimi ci sono? (17 a., IV ITI).

    In tanti anni che sono ai Salesiani ho ricevuto, tranne l'anno scorso nell'ora di religione, una formazione religiosa assolutamente inadeguata alle esigenze di un giovane d'oggi, formazione che presenta il Cristianesimo lontano dalla realtà concreta seguendo un metodo tradizionalista controproducente. Es. da una messa imposta tutti i giorni a nessuna. Il tutto frutto d'una mentalità che crede molto all'apparenza e poco alla sostanza d'un Cristianesimo genuino e autentico (16 a., II CL).
    Un motivo essenziale per il quale la mia vita cristiana in istituto è migliorata ed è stata aiutata è la vita comunitaria e in special modo la preghiera comune. Per noi che conduciamo una vita comunitaria è bello ritrovarsi, nel momento più alto e solenne della giornata, a pregare insieme e questo fatto porta per me fiducia e coraggio (17 a., III GEO).
    Mi sembra di essere posto in un mondo a parte, coccolato, cullato nella bambagia, eccessivamente protetto, estraniato dai problemi della vita di ogni giorno. Non si permette un dialogo, sono difficili gli scambi di idee (18 a., V SC).

    Mi ha nociuto il modo di fare di certi preti, che non pensano altro che a far scuola. Questo è il loro unico scopo – a mio modo di vedere. Essi raffreddano l'ambiente quasi rendendo impossibile una crescita che solo con l'aiuto di pochi si riesce a ottenere (16 a., II CL).

    La religione ci è imposta con violenza, e questo provoca un effetto del tutto
    negativo. Siamo dei supernutriti di materia religiosa, ci introducono a forza concetti ecc., non siamo liberi di scegliere (19 a., III CL).

    Ho perso la fede. Anche perché l'insegnamento religioso impartitomi non mi ha assolutamente convinto. Tutto quello che ho tolto, era vernice isolante (19 a., V ITI).

    Istituto e senso dl responsabilità

    Il lavoro di bravi sacerdoti è quasi sempre ostacolato da un numero abbastanza grande di sacerdoti incapaci, retrogradi. A ciò deve aggiungersi, a volte, la mia indifferenza (18 a., IV SC).

    Aiutato: l'amicizia concreta di alcuni amici, il lavoro e il dialogo del confessore, lo studio di alcuni temi fatto di propria spontanea volontà. Ostacolato: il pecorismo al quale si cade immancabilmente in una comunità che deve vivere insieme, forse l'indifferenza o il cattivo esempio di qualche prete menefreghista o che si definisce tale (17 a., III RAG).

    La vita di Istituto al contrario di una vita parrocchiale, di amici, è ottusa. Non si può far niente di utile. Tutti ti guardano con sufficienza e ti deridono se vuoi combinare qualcosa (16 a., II SC).

    Mi ha aiutato la solidarietà di gruppo; l'amicizia mi è stata indispensabile, come ausilio e come sprone. Purtroppo nella vita di istituto c'è poco tempo per occuparsi degli altri (17 a., IV ITI).

    Risponderò un po' a modo mio: io penso di agire in maniera responsabile e coerente nei confronti dei miei compagni. Se ha influito la religione? Non credo! L'Istituto, no certamente. È probabilmente un particolare senso di umanità che mi sono formato in questi anni e che mi fa vedere nei miei compagni degli uomini e perché tali dei soggetti alle passioni e anche alle debolezze. Nel mio comportamento verso di essi, alla base c'è la convinzione che io per primo sono così. Se c'entra in un certo senso la carità cristiana? Direi piuttosto un senso di solidarietà che è insito negli uomini e una coscienza di se stessi (18 a., III CL).

    Gli elementi che mi aiutano ancora a vivere in istituto una crescita di responsabilità sociale sono soprattutto i contatti con persone ricche umanamente e spiritualmente e letture di genere «impegnato». Gli ostacoli sono quelli della noiosa routine quotidiana, soprattutto per quanto riguarda la scuola, e le continue preoccupazioni che ne derivano (18 a., IV ITI).

    Mi hanno sempre detto (sono qui dalla I media) di pensare ai fatti miei (17 a., IV ITI).

    Una attività fuori dall'istituto con giovani dell'istituto stesso o ex-allievi, coordinata da un sacerdote, uno dei pochi a salvarsi da quella abulia che contraddistingue il nostro istituto (16 a., Il CL).

    Questo senso di responsabilità me lo sono formato da me stesso grazie anche alla collaborazione di qualche amico. L'istituto però da sua parte l'ostacola con le sue strutture che consentono pochissima iniziativa personale (17 a., III CL).

    La responsabilità sociale che ho mi è stata data da molteplici motivi a sfondo sociale, morale... ma non religioso. Mi hanno ostacolato le burocratiche sovrastrutture presenti specie nei più adulti, ancorati ancora ad una mentalità sillogistica e priva di vitalità e spontaneità (17 a., III CL).

    Sono un ex-seminarista, ma il fatto di vedere ora certe ingiustizie e certi atteggiamenti dei sacerdoti del mio istituto mi ha aiutato a deviarmi dalla stradai, che forse era giusta (19 a., IV ]TI).

    Pochi mi hanno aiutato, molti ostacolato, specialmente certi superiori che fanno della religione una serie di pratiche in cui credere ciecamente, non qualcosa di vivo che ristori l'anima (18 a., IV SC).

    Gli ostacoli sono stati un po' i compagni, ed anche i superiori che non vedono di buon occhio un gruppo socialmente responsabile nell'istituto, in quanto rappresenta una minaccia di reazione al loro potere assoluto (17 a., IV ITI).

     

    PARTE TERZA
    PROBLEMI APERTI 

    In questa terza parte del nostro studio vorremmo rileggere l'inchiesta orizzontalmente, alla ricerca di qualche dimensione comune e portante. Le varie tavole hanno già indicato l'orientamento dei giovani, a proposito di molti argomenti. Ci sono però alcuni temi che sono ricorrenti e che hanno quindi bisogno di correlazioni esplicite. Altri temi, invece, di carica educativa urgente (basti pensare alla densità di secolarizzazione), vanno ricostruiti, catalogando voci diverse.
    Tra i tanti problemi che l'inchiesta apre, ne affrontiamo qui solo tre:
    – la densità di secolarizzazione dei nostri giovani;
    – una riflessione sulle attività educative tradizionali;
    – una valutazione di massima dell'istituto.
    Gli altri sono rimandati alla riflessione dei lettori interessati.
    Sulla base dell'unico dato oggettivo di questo lungo discorso, fornito dalle varie tavole, saremmo lietissimi di leggere interventi chiarificatori.

    LIVELLO DI SECOLARIZZAZIONE DEI NOSTRI GIOVANI

    La densità di secolarizzazione non è un dato registrabile mediante domande specifiche: non si può chiedere, cioè, ad un giovane se si sente poco o molto secolarizzato. Egli ha un fascio di problemi, valuta le cose secondo certi quadri, preferisce un comportamento ad un altro. E basta.
    Il livello di secolarizzazione lo si ricava smontando la mentalità corrente e confrontandola con la descrizione in astratto dei suoi contenuti. D'altra parte, è urgente avere questo polso, almeno con indici di media. Le proposte pastorali, per non cadere nel vuoto o stemperarsi nel generico, dovranno tenerne preciso conto. Ce lo ricorda anche il documento base della catechesi italiana: «Presentando il mistero di Dio come è stato comunicato in Cristo Gesù, non si possono ignorare nella catechesi i gravi problemi posti dalla situazione e dalla riflessione del mondo d'oggi. l 1 fenomeno chiamato di secolarizzazione, al quale il mondo è sottoposto, fa sorgere in generale molte difficoltà, ma insieme può facilitare la comprensione della fede» (Il rinnovamento della catechesi, 85). Cerchiamo allora i contenuti della secolarizzazione, per fare il confronto richiesto.
    Secolarizzazione non è termine univoco: può essere definito solo a partire da alcuni grossi fenomeni che lo caratterizzano.
    J. Ramos-Regidor, nello studio contenuto in Note di Pastorale Giovanile, 1970, 8-9, li riassume così:

    • Un cambiamento radicale della concezione e dell'atteggiamento dell'uomo nei riguardi del mondo. Esso non è più sperimentato come natura statica, pur nel suo divenire, ma come storia. E questa realtà, da fare, da costruire, da creare, è nelle mani dell'uomo.
    Da questa esperienza sorge negli uomini d'oggi una speciale sensibilità per i valori dell'ordine temporale, legata ad una viva coscienza della reciproca solidarietà e corresponsabilità.

    • Una critica e allontanamento da ogni ideologia assolutista, con relativizzazione di ogni realtà, istituzione e struttura dell'ordine creato, e rifiuto di ogni falsa divinizzazione di qualsiasi concezione, creazione o attività semplicemente umana. Questo fenomeno ha generato una certa crisi di religiosità, espressa in una svalutazione e relativo abbandono delle espressioni psicologiche e sociali della religione.

    Questi i fenomeni in corso, all'interno del denominatore comune della secolarizzazione. Il tutto con carattere di equivocità: ad urgenze positive sono collegate aberrazioni, tendenze esagerate o pericolose.
    Per riportare un discorso generico al concreto della nostra inchiesta, le istanze della secolarizzazione sono riassumibili nelle due movenze:
    • attenzione vivissima ai problemi umani;
    • disintegrazione tra fede e pratica con conseguente rifiuto del modi esterni con cui tradizionalmente la fede si traduceva in azioni, perché accusate di inautenticità, di forzata complessità, di non immediata simbolizzazione.
    Nel modo comune di pensare dei nostri giovani sono presenti questi due fenomeni? e in quale misura?
    La risposta all'interrogativo delinea la loro densità di secolarizzazione.

    Disintegrazione tra fede e pratica

    La lettura comparata di tutte le tavole indica una notevole presenza di questa disintegrazione.

    • Tav. 1: nella rassegna degli ideali, la fede religiosa occupa il secondo posto in assoluto, mentre la pratica religiosa ne occupa il penultimo. Ed è chiaro, da tutto il contesto, che i giovani hanno inteso «pratica» come l'insieme delle tradizionali pratiche di pietà. D'altra parte, la fede non è avvertita come «un affare privato»: i giovani sentono l'urgenza di tradurla in atteggiamenti esterni: l'orientamento corre però verso quelli di contenuto sociale, preferiti a quelli tradizionali e devozionistici (cfr. tav. 3).
    Questa tendenza, esagerata e inadeguata se pur carica di suggestioni molto valide, richiede un deciso intervento educativo, per non ridurre il cristianesimo ad un puro fatto sociologico.

    • Tav. 2: l'insegnamento religioso, nelle valutazioni soggettive dei nostri giovani, accentua questa disintegrazione.
    Aiuta a valutare cristianamente fatti e situazioni (29,8 + 51,8%), produce un senso positivo ed ottimista nella vita (25,3 + 45,1%), ma non porta ad intensificare la partecipazione ai sacramenti (41,5 + 45,3%), né a fuggire abitualmente le occasioni pericolose (61,3 + 25,7%). È interessante notare che in una inchiesta dello stesso tipo, effettuata nel 1965 e citata già nel corso di questo articolo, i dati negativi erano meno vistosi. La crescita coincide con lo scoppio generale del fenomeno della secolarizzazione.

    • Tav. 3: «il non andare mai a confessarsi», atteggiamento bollato da tanti interventi educativi nella prassi pastorale degli istituti, figura tra i modi di fare ritenuti meno gravi.

    • Tav. 4: l'ordine di preferenza tra gli elementi sentiti come importanti per la costruzione di una fede adulta vede ai primi posti atteggiamenti e pratiche di carattere riflessivo e personalizzante (riflessione sul vangelo, esercizi spirituali, dialogo con sacerdoti); al penultimo posto si pone ancora la voce più generica «pratica sacramentale abituale».

    • Tav. 5/C e 9/C: nell'elenco, indicato dagli inchiestati stessi, sono espresse voci relative al nostro argomento. Esse ridimensionano, almeno parzialmente, la sfiducia, abbastanza diffusa nelle precedenti domande, nelle pratiche religiose. Gli indici però sono generalmente bassi, in rapporto ad altre indicazioni più vistose.
    In sintesi, caratteristico e comune è un fatto: con alte percentuali, i giovani si dichiarano interessati ad ogni discorso serio di fede, ne ricercano anche i modi proporzionati; chiedono però il coraggio di non legarlo solo alle forme tradizionali o devozionistiche. Attenzione ai problemi umani

    • Significativa, a questo riguardo, è soprattutto la tav. 3.
    È già stata notata la curva di preferenza espressa dai giovani.
    I modi di fare ritenuti più gravi sono quelli di tipo «umano» e «sociale» (anche se non si tratta certamente di valori rifiutati, nella gerarchizzazione che ne fa il cristianesimo, anche tradizionale): così, per esempio, lo scoraggiamento (la cosa più grave) è soprattutto un fatto umano, anche se i suoi toni si ripercuotono evidentemente sul piano specifico soprannaturale.

    • La tav. 8 contiene una proiezione sulla figura ideale di sacerdote di un primario interesse verso i problemi di tipo sociale: i primi posti nella graduatoria sono occupati dalle voci 5 e 10 (presenza accanto ai poveri e apostolato nel terzo mondo).

    • È espressivo, a questo proposito, avvertire che i giovani si lamentano oggi più di ieri (cfr. raffronto tra la tav. 6 e la relativa tavola dell'inchiesta 1965) che la scuola di religione è fuori dalla vita e non parte dai problemi umani. Di fronte a questa costatazione chi ha la possibilità di comparare quello che si faceva un tempo con il metodo e i contenuti odierni, arriccia il naso: tanta strada è stata fatta, decisamente, su questa linea.
    Eppure, ieri i giovani si lamentavano meno di oggi. Segno che In loto sensibilità è fortemente cresciuta: almeno molto di più del nostro ritmo di aggiornamento, pure notevolmente coraggioso.

    • Una certa contemperazione alle affermazioni precedenti potrebbe sorgere dall'esame della tav. 7, ove appaiono declassati, nella costruzione di una fede adulta, i «mezzi» di tipo tecnico e «umano» (libri, autori, TV, cinema). Ma non è possibile un'interpretazione univoca delle emergenze. Può essere sfiducia in assoluto, o sfiducia nel modo con cui attualmente questi mezzi sono utilizzati (e la responsabilità ritorna su noi educatori). Il confronto con gli altri dati fa propendere verso questa scelta. I giovani che desiderano partire dai loro problemi quotidiani per arrivare a Dio non hanno ancora trovato chi sappia guidarli in questo processo, in modo adeguato; e, in base a questa esperienza e al possibile pericolo di strumentalizzazione, contestano la capacità in astratto di battere questa strada.

    LE ATTIVITÀ EDUCATIVE DELL'ISTITUTO

    Ci pare di poter offrire un contributo allo sforzo di aggiornamento delle attività educative dell'istituto, trascrivendo in analisi le valutazioni che di ciascuna di esse i giovani inchiestati hanno offerto. Generalmente, l'elenco delle attività era già riportato negli items: si trattava di scegliere, non di inventare. In due (5 e 9), è stato invece costruito dagli intervistati.
    È difficile determinare una gerarchia assoluta dell'incidenza educativa di queste attività educative: per questo l'elenco che segue non ha alcun titolo interno d'ordine.

    Esercizi spirituali e ritiri
    La voce è ritornata in ben quattro tavole.
    Le tavv. 4 e 7 fornivano un elenco di mezzi per la costruzione di una fede matura: nella prima occupa il quarto posto (preceduta da elementi molto significativi e di carattere fortemente personalizzante), nella seconda, quando il rapporto era direttamente con la propria esperienza, il primo posto.
    Le due domande aperte (tavv. 5/C e 9/C) hanno offerto il 2,5% e il 2,3% di indicazioni (In percentuale potrebbe sembrare bussa: non lo è, se letta nel contesto delle altre scelte).

    Lettura meditata del vangelo
    La tav. 4 la ricorda espressamente. E la preferenza la pone al primo posto.
    Altrove non è ricordata. Sono presenti però espressioni abbastanza vicine: riflessione personale (tav. 9/C: 6,3%).

    Il gruppo
    La tav. 7 lo ricorda espressamente. Viene classificato al terzo posto, con un indice abbastanza alto (45,3%).
    La voce ritorna alla tav. 9/C: le preferenze sono del 4,9%. La cifra può essere aumentata se sostenuta da altre voci, molto vicine come contenuto alla portata educativa del gruppo: il tono della comunità (5,4%), discussioni e conversazioni (4,9%). E nella tav. 5/C: convivenza con altre persone (4,5%).

    I compagni
    Gli amici hanno forza positiva o negativa nel processo educativo.
    Alla tav. 7 si manifesta una certa sfiducia: le preferenze, anche se parziali, sono verso il negativo (48,5 contro 36,6 per gli amici; 45,9 contro 34,8 per «una ragazza cristiana»).
    Più ottimismo invece nelle tavv. 5/C (4,5%: gli amici) e 9/C (11,7%: è la voce che raccoglie il maggior numero di preferenze in assoluto). Va notato che le tavv. 5 e 7 ponevano come termine di confronto espressamente la maturazione cristiana; la tav. 9, invece, ricercava maggiormente la funzione degli amici nei riguardi di una coscienza di responsabilizzazione morale e sociale.

    Corresponsabilità
    Nessuna domanda aveva voci relative alla corresponsabilità. Emergono, qua e là, istanze negative: ci si lamenta di una scarsa responsabilizzazione o di giochi di potere all'interno dell'impianto dell'istituto (tav. 9/C: influsso negativo).
    Solo 1'1,8% riconosce di essere stato aiutato a formarsi una coscienza sociale dalla fiducia accordata dai superiori (e l'affermazione risente di un linguaggio... ancora molto clericale!).

    Scuola di religione
    La voce è stata esaminata con molti particolari e con correlazioni, nella seconda parte dell'articolo.

    Impegno di servizio
    Contrariamente a quanto ci si poteva attendere, la voce ha trovato pochissimo spazio. Presente alla tav. 4, occupa il quinto posto nella graduatoria; è invece totalmente assente nelle due domande aperte. Questo fatto può attestare, accanto alla poca valorizzazione da parte dei giovani inchiestati (altri giovani, soprattutto coloro che hanno fatto esperienza nei gruppi sociali, avrebbero espresso ben altra valutazione), una ancora scarsa sensibilizzazione a questo argomento, nell'impianto educativo dell'istituto.

    Il quadro si fa completo solo nel gioco delle luci e delle ombre. Queste che abbiamo ricordato sono soprattutto le luci.
    L'inchiesta sottolinea l'esistenza di alcune ombre: solo una presa di coscienza disponibile, coraggiosa ed interventistica (pronta cioè a scendere con decisione nella mischia delle situazioni quotidiane) può neutralizzare i punti scoperti. Non ne facciamo un lungo elenco: chi è dentro
    li avverte già, disciolti nel ritmo normale della vita d'istituto. Qualche accusa è pesante: deve far riflettere:
    • obbligatorietà non ragionata delle pratiche di pietà (tav. 5/C con la percentuale di gran lunga la più alta: 15,6%);
    • disimpegno e incoerenza di molti educatori (tav. 5/C: 8,2%; tav. 9/C: 15%);
    • influsso condizionante di un leaderismo negativo (7,4% alla tav. 5/C; 21,2% alla tav. 9/C);
    • scarso senso sociale (tav. 9/A);
    • scarsa proiezione missionaria della propria fede (tav. 2).

    SI SALVA L'ISTITUTO?

    Viene spontaneo chiedersi, al termine di una ridda di cifre e di impressioni: ha ancora una sua funzione, nella prospettiva di una pastorale giovanile odierna, l'istituto?
    La risposta non può essere data qui in astratto, proprio per il tipo di riflessione che stiamo conducendo. Nasce dai numeri: dalle percentuali che traducono le risposte dei giovani.

    ♦ Ci pare che globalmente si debba rispondere di sì, con decisione. I giovani inchiestati, a nome dei loro amici, in base alla rappresentatività del campione, hanno confermato fiducia sulla capacità educativa dell'istituto, e quindi sulla sua funzione oggi. Con indici che raggiungono almeno il 50%. E non è poco, nel nostro contesto culturale e nei confronti di una istituzione che si trascina una storia di anni, di esperienze e di remore.
    I giovani hanno affermato:
    • tav. 5: la loro vita cristiana, in base all'esperienza di istituto, ne ha avvantaggiato (48,9% e 66,2%, pur nelle chiavi di lettura indicate nella seconda parte del nostro studio);
    • tav. 9: l'istituto ha maturato un senso di responsabilità morale e
    civile (50,3%);
    • i mezzi educativi tradizionali dell'istituto (contatto con il sacerdote, scuola di religione, vita di gruppo e tono della comunità, esercizi spirituali e momenti di preghiera e di riflessione) hanno una carica variabile di incidenza, ma sempre entro margini abbondanti di positività.

    ♦ Ma c'è un 50% che non è contento, in piccola o in grande misura. Non può essere accantonato, con qualche aggettivo.
    Le carenze più notevoli sono:
    • un senso abbastanza diffuso di saturazione per quanto riguarda la vita di preghiera e la partecipazione ai sacramenti: non è frutto di rifiuto di fede, ma di ricerca di un'autenticità più personale pur nei condizionamenti culturali del clima di secolarizzazione e di uno spontaneismo ad oltranza che si respira;
    • carenza di un'apertura missionaria della propria fede: difficilmente i giovani si caratterizzano, nel contatto con gli altri, per quello che sono; il rapporto interpersonale è raramente avvertito come costruzione e manifestazione di fede;
    • carenza di un senso sociale preciso e aperto, che si traduca in atteggiamenti ed impegni: servizio ai poveri, testimonianza nella vita ordinaria, accettazione dei limiti degli altri (adulti e giovani);
    • una avvertita disintegrazione tra fede e vita, tra ricerca quotidiana di salvezza e quotidiano impegno nelle piccole cose che formano il tessuto di ogni giornata; esistono compartimenti-stagni ben distinti: quelli che fanno «spina dorsale di fede» (le faccende della fede) e quelli che fanno il ritmo banale delle altre preoccupazioni (le altre cose: dischi, stampa, sport);
    • inadeguata risposta di corresponsabilizzazione nell'impianto di gestione dell'istituto;
    • un corpo di educatori non sempre coerente.
    L'istituto, nella nostra inchiesta, si è salvato, a testa alta; ma non trionfalmente.
    La voce fredda delle cifre e le battute appassionate quando l'inchiesta ne offriva il verso, appellano ad un deciso e urgente cambio di rotta, sulla linea di una «pastoralizzazione» della scuola, come si dice con termine inadeguato ma espressivo.
    Non mancano gli studi al riguardo.
    Le proposte pastorali della nostra Rivista sono abbastanza intonate: la lettura dei dati ce ne ha offerto una conferma sperimentale. La necessità, per esempio, di tradurre l'azione educativa in una pastorale a tre dimensioni, ove abbia spazio e respiro la totalità della persona umana, ci pare risposta pertinente agli interrogativi scoperti. Si tratterebbe di incominciare il discorso ora, da questo punto, per indicare una terapia di intervento. Non lo facciamo. Perché ci pare già presente altrove, con maggior competenza e completezza.
    Per non concludere totalmente nel vago offriamo alcuni suggerimenti bibliografici che possono tornare utili a chi decida, finalmente, di rimboccarsi ancora di più le proverbiali maniche.

    SIGNIFICATO E FUNZIONE DELLA SCUOLA CATTOLICA, OGGI

    G. Garrone, Fede e pedagogia, Paoline, 1963.
    G. Hoffer, Ruolo pastorale della scuola cattolica, LDC, 1968.
    A. Brien, Scuola cattolica ed educazione alla fede in un mondo secolarizzato, LDC, 1970.
    M. Pellegrino, Visione cattolica della scuola, in Note di Pastorale Giovanile, 1970, III.

    PROGRAMMAZIONE PASTORALE IN UN ISTITUTO EDUCATIVO

    La programmazione, numero monografico di Note di Pastorale Giovanile, 1968, VIII -I X.
    La parola, l'azione, la comunità nella scuola cattolica, in Note di Pastorale Giovanile, 1967, V.
    R. Tonelli, Punti fermi per una programmazione valida, in Note di Pastorale Giovanile, 1969, Vili-1X.
    G. Negri, Per una programmazione di pastorale catechistica, in Note di Pastorale Giovanile, 1969, VIII-IX.
    G. Negri, L'intergruppo: una realtà da scoprire, in Note di Pastorale Giovanile, 1970, VI-VII.

    ANIMAZIONE PASTORALE DEI GRUPPI GIOVANILI

    R. Mucchielli, La dinamica di gruppo, LDC, 1970.
    Aa. vv., Pastorale e dinamica di gruppo, LDC, 1970.
    G. Negri, Mai élite senza massa e mai massa senza élite, in Note di Pastorale Giovanile, 1970, IV.

    VERSO UNA CATECHESI A RITMO CON LA VITA

    Aa. vv., Il documento di base, LDC, 1970.
    Pastorale giovanile in un mondo secolarizzato, numero monografico di Note di Pastorale Giovanile, 1970, VIII-IX.
    G. Negri, Catechesi antropocentrica per un uomo teocentrico, in Catechesi/D, ott. 1969.
    G. Negri, Al di là o al di dentro delle cose?, in Catechesi/D, dic. 1969.
    G. Negri, Perché meno religione e più religiosità, in Catechesi/B, marzo 1970.

    FORMAZIONE ALLA VITA LITURGICA

    Le messe dei giovani, in Rivista liturgica, 1968, III.
    L. Borello, Piano di formazione liturgica, in Note di Pastorale Giovanile, 1968, VIII-IX.
    L. Della Torre, La liturgia nei gruppi giovanili, in Note di Pastorale Giovanile, 1970, VIII-IX.

    L'autore ringrazia i molti amici che, a vari livelli, hanno collaborato a questo studio.

     


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