Riccardo Tonelli
(NPG 1968-02-56)
La scelta di partecipazione
Colui che decide di fare un corso di esercizi - a qualunque livello di età sia - deve operare una scelta libera, per non partire handicappato, in un terreno così esistenziale.
Non possiamo valutare il dono degli esercizi talmente grande che valga la spesa di imporlo.
Purtroppo, non sempre il nostro cammino è stato in questa direzione. Accanto ai fortunati casi in cui la determinazione di partecipazione dall'alto, ha poi fruttato un vero dono di grazia ed un'accettazione consapevole di quello che era stato subito per non aver avuto altra scelta, stanno i molti, forse moltissimi momenti di malumore, di brontolamento malcelato, di imprecazioni a fior di denti, di rifiuto ostinato e diffuso: basta consultare l'esperienza.
La libertà non nasce solamente dalla possibilità di scelta, ma da una scelta in cui non entrino in gioco valori molto disparati o di equilibrio soggettivo diverso (per chi non partecipa agli esercizi, c'è scuola regolare...) o la manifestazione molto ostentata di una approvazione per chi partecipa (è facile, soprattutto in un ambiente di collegio, riportare la partecipazione agli esercizi nella prospettiva dello scrutinio e delle pagelle: gli alunni lo fanno facilmente da soli... e talvolta poi sono «soffiati» anche inconsapevolmente... da qualche frase detta o sottintesa...) .
Certo le difficoltà per rispettare in pieno la libertà, nella vita di un istituto di educazione, sono molte:
- la necessità di una certa ragionevole pressione, per orientare a scegliere ciò che è oggettivamente la cosa migliore;
- il necessario calore educativo con cui il responsabile deve presentare la proposta degli esercizi;
- il peso di quella parte della comunità che non partecipa agli esercizi,: per cui va strutturato un orario che non sia né di favore nè di aperto sfavore;
- il cozzo con un certo tradizionalismo che rifiuta in partenza la possibilità di rivedere strutture alla luce di nuove riflessioni;
- l'urgenza magari di obbedire a disposizioni autoritative, che, per una serie di altri fattori, orientano in senso contrario.
Periodicità
C'è una certa usanza di ripetere gli esercizi spirituali ogni anno, di farli ripetere indiscriminatamente, prescindendo da un reale bisogno e da un'urgenza spirituale.
Forse è legata all'abitudine - contro cui decisamente da molte e autorevoli parti si cerca di insorgere - di costringere gli allievi allo stesso sviluppo di pratiche di pietà di un religioso che ha 50 anni di professione. Le note seguenti vogliono essere almeno un invito a ripensare - con attenzione e coraggio - a questa realtà.
Il clima e il continuo contrasto di mentalità a cui il giovane d'oggi è sottoposto, portano alla urgente necessità di momenti di pausa, per revisionare alla luce del vangelo fatti e giudizi: senza una continua «revisione di vita», la mentalità di fede sarà spinta facilmente ad incrinarsi.
Non sembra però che gli esercizi spirituali siano l'unica soluzione a questa problematica.
Ci sono certamente dei momenti d'urto, delle situazioni di crisi che non sono essere risolte o inquadrate se non nel silenzio di un corso completo. E per questi la necessità è immediata. Ma la situazione normale essere decisa attraverso la ripetizione di ritiri, di giornate in cui ci a largo spazio alla Parola del Signore e alla riflessione personale, pur senza distogliersi dalla occupazione abituale.
Una soluzione, esperimentata altrove con successo, potrebbe orientarsi lungo le seguenti linee:
- in un determinato periodo dell'anno, tutta la comunità giovanile è invitata a partecipare ad un «corso di orientamento spirituale», un triduo, a serie di giornate particolarmente impegnate, in cui continua un certo ritmo normale di vita (normale, ma allentato: in quei giorni, per esempio, non si interroga né si danno compiti), accompagnato da una predicazione specializzata, concentrata in alcuni momenti del giorno;
- contemporaneamente è lanciato l'invito a partecipare agli esercizi, «a chi ne ha particolare bisogno», per una problematica urgente, per una vocazione da risolvere, per una crisi latente o manifesta. L'invito può nascere dalla parola stessa di un Superiore amico, del Direttore Spirituale, nel rispetto della libera decisione personale;
- colui che ha fatto gli esercizi... potrà non ripeterli, nella stessa forma, l'anno successivo, se la situazione che lo ha determinato, si è ormai sfuocata. Le giornate abituali di spiritualità saranno sufficienti a rimettere in efficienza l'impegno assunto. D'altra parte, vanno programmati corsi più impegnati per ragazzi più disponibili alla grazia.
Numero di esercitandi
Gli esercizi sono incontro personale con il Signore. Il numero deve essere adeguato a permettere questo incontro personale, che il più delle volte si realizza nel colloquio con il predicatore o con il direttore degli esercizi.
Le grandi mute di esercizi, in cui un'intera massa era in movimento, sono, per fortuna, un ricordo d'altri tempi.
Quella certa disciplina che è essenziale per la buona riuscita, deve nascere all'interno stesso del gruppo, dalle sue caratteristiche di famiglia, di amicizia, di impegno, di presenza di un educatore-responsabile che vive gomito a gomito con il gruppetto che gli è affidato.
Qua e là è stata attuata un'esperienza che sembra aprire una via molto proficua, anche per evitare quel «cameratismo» (che non è amicizia) che incide negativamente sul buon risultato del corso.
Piuttosto che spostare dall'istituto di educazione alla casa degli esercizi un gruppo omogeneo di ragazzi, la casa degli esercizi propone una serie di corsi differenziati - età, attitudini, tipi di scuola, ecc. - cui partecipano pochi alunni di ogni istituto.
I mezzi di comunicazione sociale
Il Signore ci parla con il linguaggio del nostro tempo.
L'educatore provveduto non rifiuta a priori nulla di quanto gli offre la tecnica per incontrare e penetrare nell'animo dei giovani.
Un film ben scelto e guidato può superare in efficacia la miglior predica. L'ascolto di una canzone può introdurre un problema e convogliare immediatamente l'attenzione.
Il silenzio può essere commentato e sostenuto da un disco vivo, che no si faccia rifiatare in partenza, ed impegnato.
Spesso si dedica il tempo dopo cena (non possiamo più non prendere coscienza che la civiltà nostra va spostando i termini della giornata lavorativa: gli orari ne devono tener conto, per non trascinarci degli assonnati durante il giorno e non costringere a lunghi dormiveglia alla sera) alla conversazione, in cui ciascuno porta il contributo della propria esperienza (la così detta «tribuna giovanile») : più sapremo orientarla verso il piano esistenziale, della comunicazione di fede reciproca, lontana dalle vuote discussioni intellettualistiche, e più la sentiremo efficace e ricercata.