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    Pubbliforum: un itinerario per gruppi



    B. Bartolini – R. Tonelli

    (NPG 1977-04-50)


    Questo sussidio offre molti suggerimenti concreti, “materiale per lavoro”, raccolto dalla prassi di gruppi giovanili e rilanciato a quei gruppi che intendono operare nella direzione suggerita dal Dossier
    Un filo conduttore collega e unifica queste pagine. Può essere condensato attorno alla parola-chiave “coscientizzazione” (nei termini in cui se ne è parlato in 1977/2). Coscientizzare significa far emergere una coscienza critica e liberatrice, costruita su una conoscenza ampia e documentata della realtà (nel nostro caso, una quantificazione del fatto pubblicitario), orientata da alcuni valori umanizzanti, che servono da “precomprensione” nella raccolta dei dati e da obiettivo della prassi (nel nostro caso, “un progetto d'uomo” da cui giudicare quello emergente dalla pubblicità).

    PROPOSTA DI UN ITINERARIO DI LAVORO

    Esistono diversi “mezzi” pubblicitari, come esistono diversi stili di propaganda. La “propaganda elettorale”, per esempio, è differente da quella costruita attorno ad un prodotto commerciale, anche se può avere punti in comune. La propaganda ideologica-educativa, quella cioè che ha come obiettivo “orientare” le persone attorno ad alcuni valori, ritenuti importanti, o “concentrare” l'attenzione attorno ad alcuni fatti, utilizza un linguaggio non omogeneo rispetto alla pubblicità commerciale. Qui stiamo interessandoci unicamente della pubblicità commerciale; e, per di più, non dalla prospettiva tecnica, ma da quella antropologica (non ci interessano cioè i singoli prodotti reclamizzati, ma l'ipotesi di uomo e di sistema sociale, contenuto e sostenuto da questi prodotti e dal modo con cui essi sono pubblicizzati).
    La pubblicità commerciale utilizza mezzi diversi: l'inserzione di pagine pubblicitarie nei rotocalchi o nei giornali; la diffusione di pezzi pubblicitari attraverso la radio, la TV, il cinema; l'affissione di cartelloni stradali. C'è anche una cripto- pubblicità, legata al fatto che un personaggio veste una maglia, durante una competizione sportiva, messa in evidenza dalla ripresa televisiva mentre va in onda la telecronaca dell'avvenimento; o al fatto che un attore beve una marca di birra o fuma un tipo di sigarette, durante il film...
    Questi svariati “mezzi” hanno una logica interna specifica, pur possedendo un denominatore comune.
    Il gruppo che vuole operare un processo di coscientizzazione, deve impostare interventi proporzionati: alcuni sono esprimibili in un tracciato comune (perché corrispondono genericamente al processo di coscientizzazione, in merito al fatto pubblicitario); altri, invece, sono tipici (perché corrispondono alla specificità del mezzo pubblicitario: lo studio della pubblicità sui rotocalchi è parzialmente diverso da quello per la pubblicità radiofonica).
    Per descrivere l'itinerario educativo di un gruppo che vuole studiare la pubblicità suggeriamo prima di tutto questi interventi generali. Poi considereremo alcuni dei mezzi più diffusi (i rotocalchi, i cartelloni stradali, gli inserti della radio e della TV).

    Quantificare il fatto

    Il primo intervento consiste nell'impegno di descrivere la reale consistenza del fenomeno pubblicitario, per raggiungere una conoscenza non superficiale della sua portata. Quantificare significa perciò “contare”: quante pagine vengono destinate alla pubblicità sul giornale, sul rotocalco; quanti minuti sono usati da inserti pubblicitari in una giornata di trasmissioni radiofoniche o televisive; quanti spazi sono coperti da cartelloni lungo le strade del quartiere.
    La quantificazione ha un altro aspetto più raffinato, che non va dimenticato. Non basta misurare i supporti, ma bisogna misurare anche le proposte. Quantificare significa perciò elencare i “prodotti” che sono pubblicizzati (il tipo di prodotto, in rapporto al tipo di mezzo). Significa anche valutare per quanto tempo il prodotto viene reclamizzato, in quali ambienti viene reclamizzato (alcuni rotocalchi sono destinati ad una certa categoria di lettori; alcune strade sono frequentate da una certa classe di persone; altri quartieri, invece, sono per la passeggiata domenicale...: quali prodotti sono reclamizzati? Alcune sale cinematografiche sono frequentate generalmente da un certo pubblico, diverso da quelle di prima-visione: quali prodotti sono reclamizzati nelle prime e nelle seconde?).

    Comparazione

    La parola, un poco complicata, suggerisce una esigenza molto importante. Le cose si comprendono bene solo se sono “paragonate”, se è possibile un raffronto. Si dice, per esempio, che una persona è alto o bassa, in rapporto ad uno standard medio di uomo/donna.
    Per capirci, nella pubblicità, è indispensabile “comparare” le varie proposte: elaborare un quadro di riferimento.
    Questo processo comparativo avviene in due tempi: in modo “sincronico” o in modo “diacronico”. Ci spieghiamo.
    La comparazione sincronica è fatta dal confronto “oggi” (in un giorno/settimana determinata) di inserti pubblicitari, presentati in “mezzi” diversi/simili. Per esempio:
    - oggi quali prodotti sono pubblicizzati nelle sale cinematografiche di prima- visione e in quelle di periferia;
    - oggi quali prodotti sono pubblicizzati nei giornali (da quelli cosiddetti d'informazione a quelli di partito);
    - oggi quali prodotti sono pubblicizzati sui rotocalchi (da quelli “popolari” a quelli specializzati);
    - oggi come viene pubblicizzato uno stesso prodotto in un rotocalco popolare e in un rotocalco raffinato.
    La comparazione diacronica è determinata invece dal confronto operato in una sequenza di tempo (un mese, un anno, dieci numeri di rivista):
    - nel corso di quest'anno, quali prodotti sono stati pubblicizzati;
    - nel corso di quest'anno, quale discorso organico è stato fatto attraverso la pubblicità da quel tale giornale-rivista-sala cinematografica;
    - nel corso dell'anno ci sono “periodi” in cui la pubblicità assume un certo tono (vacanze, natale...): cosa cambia? che proposta viene fatta?
    La comparazione sincronica è più facile, perché basta un minimo di organizzazione nel gruppo. Quella diacronica, invece, richiede un intelligente lavoro di schedatura e di archiviazione di dati. D'altra parte, è proprio nella serietà di programmazione che il gruppo gioca la sua serietà di analisi-studio.

    Analisi dei contenuti

    I primi due interventi sono in funzione di questo terzo. La coscientizzazione raggiunge il centro, quando vengono studiati criticamente i “contenuti” della proposta pubblicitaria.
    Suggeriamo solo alcune attenzioni.
    - Per analizzare i contenuti è indispensabile “leggere” correttamente le immagini-proposte pubblicitarie. Esse sono espresse mediante un linguaggio, meno razionale di quello logico-verbale, ma molto più ricco ed espressivo. Per comprendere esattamente i contenuti del messaggio bisogna perciò prima di tutto decodificare il messaggio. Abbiamo analizzato questo processo mediante un intervento specifico e con alcuni esempi concreti.
    - Per analizzare i contenuti si richiede inoltre un quadro interpretativo globale. Bisogna cioè sapere dove arrivare, conoscere che cosa ci sta a cuore. Abbiamo già ricordato che noi non studiamo la pubblicità, centrando l'attenzione sui prodotti reclamizzati, ma sul progetto d'uomo e di società che emerge dalla presentazione dei diversi prodotti. Questo “obiettivo” determina il tipo di analisi. Non ci interessa, in altre parole, questa o quella saponetta o il suo rapporto con quel tale profumo, ma ci interessa cogliere “quale” uomo è ritagliato per quel prodotto e quale uomo risulta dall'uso di quel prodotto. Con parole più complicate, possiamo dire: vogliamo studiare le motivazioni che sostengono le decisioni del compratore e non gli orientamenti e le decisioni stesse.
    - Non esistono analisi neutre. Ciascuno si tuffa nella realtà con una sua visione globale. La chiamiamo, con termine tecnico, “precomprensione”. Essa permette una interpretazione profonda della realtà. La può condizionare e quindi distorcere, se la precomprensione diventa pregiudizio: non resta al livello di sensibilità generale, di collocazione della persona nella realtà, ma diventa “ideologia”, chiusura gretta, definizione aprioristica di chi ha ragione e di chi ha torto. La precomprensione va costruita nello studio e nella riflessione, personale e collettiva. Gli articoli presentati nella rubrica PROSPETTIVE hanno lo scopo di orientare la precomprensione del gruppo, offrendogli un quadro di riferimento corretto e documentato. Il discorso può essere allargato, anche mediante il ricorso ai testi specializzati, suggeriti nella bibliografia.

    UNA GRIGLIA DI INTERPRETAZIONE

    Per aiutare il gruppo nella analisi dei contenuti antropologici che emergono dai vari stimoli pubblicitari, suggeriamo una griglia di interpretazione. Evidentemente non può essere usata di peso; ogni gruppo deve fabbricarsi la sua specifica griglia, sostenuto e guidato, magari, da questa nostra.
    Abbiamo già ricordato più volte che ci stanno a cuore i dati antropologici e non i singoli, diversi prodotti. Da questa prospettiva globale, suggeriamo gli interventi.

    Identikit dell'uomo

    Vogliamo definire quale “immagine” d'uomo fa da supporto a tutti gli stimoli pubblicitari, per “decidere” il nostro giudizio. Questo obiettivo va raggiunto in modo induttivo, come per costruire un identikit.
    Raccogliamo i singoli elementi, per poi connetterli in un progetto globale:
    - quali sono i valori proposti (l'uomo è “virile” se possiede determinati valori - la donna è “donna” se possiede determinati valori. Quali sono quelli normalmente suggeriti?);
    - quali cose deve usare l'uomo/donna per essere qualcuno (la macchina potente, l'accendino d'oro, quel tipo di sigarette...);
    - attraverso quali motivazioni viene consigliato l'acquisto dei prodotti;
    - attraverso determinati prodotti l'uomo/donna raggiunge il suo “ideale” (con questo abito... tutti ti guardano): qual è questo ideale?

    Il rapporto uomo/donna

    Molto spesso, nella pubblicità, immagini e prodotti sono in funzione di un determinato rapporto tra l'uomo e la donna. Offrono così una immagine del fatto più rivelante del nostro esistere: l'incontro interpersonale, l'amicizia, l'amore. Anche qui, in modo induttivo (partendo cioè dai particolari per raggiungere il quadro globale) è importante descrivere il modello antropologico che risulta, per poterlo “valutare” (coscientizzazione):
    - quali sono le caratteristiche (aggettivi, valori, comportamenti) che descrivono normalmente l'amore e il rapporto tra uomo e donna (come se ne parla: di amicizia, di amore fisico, di fedeltà-unicità...);
    - tutti sanno che è difficile amare. Molti stimoli pubblicitari danno ricette per “assicurare” l'amore. Le cose servono a risolvere questo problema esistenziale (una marca di liquore assicura che “sarà una bella serata”: ci si potrà voler bene; la presenza in casa di un determinato elettrodomestico assicura l'armonia; quel tipo di cioccolatini stringe tutta la famiglia in una serata assieme...). Quali proposte sono fatte?;
    - nel rapporto uomo/donna, i due partners sono visti alla pari oppure esiste una supremazia-dominio di uno sull'altro? La pubblicità è “maschilista” o “femminista”? Quali valori segnano normalmente il rapporto interpersonale (dominio, servizio, fraternità, cattura e conquista, possesso...).

    Il rapporto con le cose e la natura

    Un dato comune e fondamentale della pubblicità consiste nel prospettare un certo rapporto dell'uomo con le cose (i prodotti). Essi hanno una funzione quasi terapeutica nei suoi confronti. In un articolo pubblicato poco sopra, Cox parla di una “nuova religione” delle cose. Perché il discorso non resti nel generico, va evidentemente concretizzato, descrivendo (dai particolari al generale) come viene prospettato questo rapporto.
    Oggi sta prendendo piede una pubblicità “ecologica”, che spinge ad un ritorno alla natura (manipolata attraverso la tecnica, per sprigionare tutta la bontà che possiede). I prodotti migliori sono quelli “naturali”: il ricorso alla natura decolpevolizza l'uomo che usa prodotti non necessari o “pericolosi” (i liquori...):
    - le cose e i prodotti offrono all'uomo “vantaggi”, quando sono usati. Vantaggi non intrinseci (la benzina fa camminare l'automobile), ma più profondi, esistenziali (quella benzina dà “potenza” al motore). Quali sono questi vantaggi assicurati dalle cose (sicurezza, prestigio, potenza, amore, successo...)?
    - come la pubblicità presenta il rapporto dell'uomo con la natura. Come viene vista la “natura”? Che cosa è per la pubblicità “natura” e “naturale”? È vero che la natura è “buona” intrinsecamente, per cui “tornare alla natura” significa “salvarsi”, liberarsi dai problemi e dalle colpe?
    - molti prodotti sono presentati all'insegna di “ultimo ritrovato della scienza e della tecnica”. L'uomo manipola la natura e la migliora. Come viene inteso l'intervento dell'uomo, la tecnica, il progresso? Il progresso è sempre “nell'ordine della natura”? È sempre “buono” (mito del progresso)?
    - in quale rapporto sta, nella proposta pubblicitaria, “natura” e “tecnica”? (gli “omogeneizzati” sono una cosa perfetta, perché frutto della sintesi tra “natura” e intervento sofisticatore dell'uomo).

    SUGGERIMENTI CONCRETI PER ALCUNI MEZZI PUBBLICITARI

    Finora abbiamo suggerito interventi educativi generali, relativi al fatto della pubblicità. Ora consideriamo le cose più in concreto, applicando il discorso a tre dei mezzi più comuni: i rotocalchi, i cartelloni stradali, la radio/televisione.

    Rotocalchi ( e giornali)

    Un gruppo che voglia studiare il fenomeno della pubblicità, secondo le linee educative che abbiamo suggerito, può orientarsi a lavorare attorno ai rotocalchi (e giornali). Essi sono il luogo privilegiato della pubblicità, perché il più diffuso, quello che le dedica lo spazio più ampio, il più efficace.
    Prospettiamo questi interventi:
    - Quantificare significa valutare quante pagine sono destinate alla pubblicità, in rapporto al testo scritto.
    - Comparare significa elencare i prodotti pubblicizzati per fare paragoni tra i prodotti reclamizzati nelle varie riviste (tipo di prodotto, tipo di pubblicità, in base al tipo di rivista).
    Perché alcuni prodotti sono assenti?
    Perché altri prodotti hanno un supporto pubblicitario diverso?
    Perché nelle riviste e giornali “ideologici” (di partito, di corrente culturale e politica) non c'è pubblicità, o c'è solo un tipo di pubblicità (quale)?
    - Un aspetto importante di questa comparazione è determinato dalla analisi diacronica: seguendo un'annata della stessa rivista, che “discorso” viene fatto? come aumenta/diminuisce la pubblicità in alcuni mesi dell'anno? quali prodotti sono legati a certi periodi e quali invece percorrono tutto l'anno (e perché)?
    - Può risultare interessante la comparazione tra pubblicità di rotocalchi (dove predomina l'immagine e il colore) e pubblicità di giornali (necessariamente in bianco/nero). Cosa cambia?
    Uno studio a parte va fatto per la stampa specializzata per ragazzi (fumetti, giornalini per ragazzi). Quale pubblicità viene presentata? Quali prodotti sono reclamizzati? A chi si indirizza questa pubblicità (ai ragazzi stessi, agli adulti, ai ragazzi perché chiamino in causa i loro genitori)? Questa analisi può essere condotta con un gruppo di preadolescenti (destinatari della stampa): richiede un processo contenutistico sulla loro misura e capacità di valutazione. Oppure può essere fatta da un gruppo di giovani (animatori, per esempio, della catechesi dei ragazzi o del loro tempo libero), per elaborare processi di coscientizzazione e di liberazione sulle loro concrete esigenze.

    Cartelloni stradali

    Chi gira per le strade è bombardato continuamente di immagini pubblicitarie, espresse da cartelloni affissi ai muri delle case. Questi tipo di pubblicità è diverso da quello usato nei rotocalchi, anche se le immagini sono simili. Si richiede una capacità di presa immediata e di interiorizzazione facile, anche per il consumatore frettoloso (colori affascinanti, poche e suggestive parole, una composizione semplice e intuitiva). L'esame di questo supporto pubblicitario riveste quindi aspetti tipici. In esso è più spontaneo anche il “discorso politico” (pubblicità e quartiere).
    Suggeriamo questi interventi:
    - La quantizzazione consiste, in questo caso, nel recensire i vari cartelloni, sottolineando soprattutto la loro ubicazione (dove sono collocati e perché) e la loro distribuzione (certe pubblicità sono solo nel centro della città, altre solo in periferia, altre indifferentemente: perché?)). La scelta di determinati luoghi ha una logica precisa o dipende dal caso? Vengono privilegiati solo i luoghi di passaggio obbligato? Che tipo di pubblicità viene riservata a questi luoghi (ingresso delle metropolitane, fermate importanti di tram-autobus, stazioni FFSS, luoghi di continuo passaggio). Una riflessione a parte va fatta dai gruppi che abitano e riflettono in paese (in rapporto alla città, c'è differenza? quale? perché?).
    - La comparazione può privilegiare il rapporto con il quartiere (o lo spazio umano dove si può presumere una certa persistenza della popolazione e quindi una certa continuità di proposte). Che sequenza di proposte viene fatta, in un mese (due/tre mesi)? Quali prodotti vengono reclamizzati e quali no? Perché? Quanto tempo restano i manifesti pubblicitari (tutti, alcuni)?
    - Importante è anche il discorso “politico”, per verificare il rapporto esistente tra le proposte espresse dai cartelloni pubblicitari (orologi, saponette, liquori) e i reali bisogni del quartiere (verde, scuole, comunicazione, case) e dei singoli abitanti.
    Suggeriamo qualche altra considerazione, perché la pubblicità espressa dai cartelloni stradali è la più avvolgente. Nei nostri quartieri, diminuiscono gli alberi ma aumentano i segnali pubblicitari. Perché? La pubblicità espressa dai rotocalchi e dagli inserti radio-televisivi richiede una prima opzione: l'acquisto del supporto (la rivista) o l'ascolto del programma. È quindi meno globale. Invece tutti percorriamo la strada e, per forza, con gli occhi aperti. Siamo bombardati da mille messaggi, senza poterci far nulla.
    Prendere atto di questo fenomeno significa inventare tecniche di liberazione. Ne suggeriamo una, previa ai processi indicati sopra: “camminare in modo critico”. E cioè uscire con il gruppo dei ragazzi, apposta per analizzare la pubblicità: ripetere al rallentatore (con preoccupazione educativa) quello che capita quotidianamente.
    Una raccomandazione non è inutile: l'educatore deve percorrere in anticipo la strada su cui porterà i ragazzi, per evitare... spiacevoli inconvenienti (essere interrogato sul significato di una immagine, per esempio, che invece si vede per la prima volta e di fronte alla quale si rimane stupiti e incapaci di lettura critica).

    Spezzoni pubblicitari della radio-televisione

    Un tipo di pubblicità, diverso dai precedenti, è quello degli inserti-spezzoni pubblicitari radiofonici (ascolto) e televisivi (vista e ascolto). Per questi non è possibile il “ritorno”, perché la proposta passa immediatamente, sotto la pressione di quella successiva. Si richiede perciò una carica emotiva molto alta e una concentrazione sull'essenziale. Il rapporto non è quasi mai di ordine razionale-logico, ma viene sviluppato in termini emotivo-affettivi. In “Carosello”, per esempio, la pubblicità televisiva ha giocato tutto il suo potere sull'identificazione (ad una storia, ad un personaggio), da cui derivare la credibilità e l'accettazione del suggerimento commerciale (acquisto del prodotto).
    Per lavorare su questo tipo di pubblicità, si richiedono alcuni facili accorgimenti.
    - Quantificare significa, in questo caso, “registrare” (almeno il sonoro) e “trascrivere” (la trascrizione delle parole-proposte usate è già un fatto molto educativo, perché il ragazzo è costretto a ripensare con calma sul discorso, recepito solo per abitudine o per associazione).
    - Da questa registrazione-trascrizione può iniziare il processo educativo già suggerito: quali prodotti sono reclamizzati, perché, come.
    - È interessante analizzare anche gli aggettivi (e il supporto linguistico) attraverso cui sono “raccomandati” i vari prodotti.

    ALCUNE NOTE PRATICHE

    Concludiamo la nostra proposta, suggerendo alcune note di ordine pratico- operativo.
    Pensiamo soprattutto al gruppo (scolastico, di tempo libero, di catechesi), come destinatario di queste pagine e protagonista di questo lavoro. I problemi sono soprattutto questi tre: il reperimento del materiale (dal momento che non esistono rassegne in questa direzione), il metodo di lavoro, la comunicazione reciproca dei “risultati”. Nel gruppo è presente l'animatore; il suo compito consiste nell'assumere e comunicare ai giovani più sensibili, le informazioni fondamentali perché il lavoro rivesta carattere di serietà (anche senza toccare la soglia della specializzazione; come, del resto, abbiamo cercato di fare con questo dossier).

    Reperimento del materiale

    Il metodo più semplice è quello di ritagliare dai rotocalchi tutte le immagini pubblicitarie, per avere un repertorio ampio e in più direzioni. È importante segnare in margine ad ogni ritaglio, data e titolo della rivista da cui è stato estratto, per operare i confronti.
    I testi pubblicitari radiofonici possono essere registrati e trascritti (magari in cartelloni).
    I cartelloni stradali vanno fotografati (a colori) e poi riprodotti in diapositiva, per ricostruire il clima in cui sono stati progettati (immagini molto grandi e molto luminose).

    Lavoro nel gruppo

    Tutte le indicazioni raccolte in queste pagine sono in vista del lavoro del gruppo. Aggiungiamo soltanto due note.
    Ogni lavoro di gruppo è legato a fenomeni-leggi di dinamica di gruppo (composizione, numero, spazio di lavoro, animazione, superamento di stereotipi, comunicazione...). Non possono essere ignorate, soprattutto in un contesto come è questo, dove la manipolazione e il conformismo sono già nell'aria.
    Per attivare la ricerca, può essere utile dividere il gruppo in tanti piccoli sottogruppi (5 o 6 persone), chiamate a lavorare sullo stesso argomento (bisogna evitare la divisione del lavoro e la riproduzione della logica della catena di montaggio...). Quando tutti fanno la stessa ricerca, il confronto successivo è molto più stimolante e le conclusioni molto più ricche.

    Comunicazione dei risultati

    Un momento centrale è la messa in comune (all'interno del gruppo) dei risultati conseguiti e la diffusione verso l'esterno dei medesimi.
    Oggetto di questa comunicazione è la dimensione antropologica e politica contenuta e espressa dalla pubblicità (si veda la griglia di analisi). Ci pare utile privilegiare un metodo dí comunicazione “pubblicitario”: far elaborare cartelli- sintesi dove le parole siano ridotte al minimo mentre le immagini diventino la forza espressiva più alta (e cioè: esprimere i risultati in modo visivo; per i gruppi dotati di strumenti raffinati - macchine fotografiche, proiettori, registratori - in modo “audiovisivo”).
    Può risultare assai stimolante la preparazione di un vero “montaggio” (visivo o audiovisivo), mediante il quale, in una sequenza logica, sia espresso il risultato ottenuto, la problematicità scoperta, gli interventi suggeriti.

    Montaggi pubblicitari come attivizzazione della ricerca

    Molti educatori hanno scoperto la forza provocatoria della pubblicità. Per iniziare una ricerca di gruppo (momenti di riflessione, ritiri, tempi-forti), essi usano “montare” una serie dí immagini pubblicitarie (secondo una logica: quale uomo - quale rapporto uomo-donna - la “salvezza” - impegno e risultati - il lavoro umano - il progresso - l'ecologia - l'uomo e la natura...). Dalla proiezione di queste immagini (mediante diapositive) può nascere una ricerca di gruppo di tipo “culturale” (questo è veramente l'uomo? questa, è libertà?, dove va la responsabilità e l'impegno personale? cosa è veramente “la” salvezza?).

    LA LETTURA DELL'IMMAGINE FOTOGRAFICA: IL GIOCO DEI PERCHÉ

    Nei cartelloni pubblicitari delle strade e nei rotocalchi, la proposta pubblicitaria è fatta attraverso una “fotografia” (un'immagine della realtà), anche se commentata con alcune parole.
    Per comprendere la proposta, è indispensabile “leggere” correttamente l'immagine.
    Dallo studio di N. Taddei citato nella bibliografia, riprendiamo e riformuliamo alcuni suggerimenti concreti. Coloro che desiderano approfondire l'analisi possono far riferimento a tutto il testo.
    Leggere è interpretare, cioè tradurre in termini più accessibili, una immagine. Non tanto per cogliere ciò che l'immagine rappresenta, quanto l'idea che l'autore ha voluto esprimere mediante tale soggetto.
    Diciamo subito che leggere un'immagine non è cosa facile. Non basta l'occhio, come si dice. È invece frutto di lenta applicazione, di mestiere.
    Vediamo di tracciare sinteticamente un percorso di lettura.

    I tre perché

    Per ogni foto occorre rispondere a tre domande, prese in ordine successivo e, come vedremo, riprese a due livelli: che cosa rappresenta questa fotografia; come questa fotografia rappresenta ciò che rappresenta; perché questa fotografia rappresenta in questo modo ciò che rappresenta.
    Il “cosa rappresenta” si riferisce alla materialità del soggetto (un volto, una montagna, un soldato), scelta dal fotografo per esprimere dei suoi contenuti mentali.
    Il “come rappresenta ciò che rappresenta” si riferisce invece alla scelta fatta dal fotografo del taglio particolare, fra i tanti possibili, da dare alla foto.
    Il “perché rappresenta in quel modo” è una domanda ulteriore, la cui risposta deve essere data a partire dalla lettura dei “come” appena terminata. Se fra i tanti modi di fotografare una donna l'autore ne ha scelto uno, questo ci introduce alla comprensione critica dell'immagine.

    L'aspetto narrativo e l'aspetto tematico nella interpretazione di una foto

    Una distinzione fondamentale: per una buona lettura è necessario un doppio livello di riferimento; alla “cosa in sé” (aspetto narrativo dell'immagine) e alla immagine fotografica che l'autore ne ricava (aspetto tematico dell'immagine). Se il soggetto dell'immagine ci dice qualcosa dell'idea del fotografo, l'immagine in se stessa arricchisce tale comprensione. Per ognuno dei dni livelli, riproponiamo il gioco dei perché.
    Incominciamo dall'aspetto narrativo.
    La “cosa” è il soggetto rappresentato materialmente.
    Il “come” è il modo con cui quel soggetto è rappresentato: così ad esempio di una persona si può fotografare il volto o le mani o un'altra parte del corpo. La lettura del “come” è il primo passo di avvicinamento all'idea dell'autore. È evidente che per una valutazione critica non basta fermarsi al primo “come”, a quello cioè che balza immediatamente agli occhi. Occorre invece raccogliere col calma il numero più grande possibile di “come”.
    Il “perché rappresenta” è, a livello narrativo, la ragione per cui quel soggetto è stato rappresentato con quel “come” e ci dà la significazione dell'immagine Per una lettura esauriente questo non basta: l'attenzione va ora posta all'immagine in sé, al modo con cui l'immagine è plasmata. Siamo all'aspetto tematico dell'immagine.
    Riprendiamo i tre “perché”.
    A questo livello il “cosa” è dato dal soggetto della foto e dal come è stato colto, privilegiando un taglio piuttosto che un altro. Non ci chiediamo in questo momento perché l'autore ha scelto quel soggetto, ma perché di quel soggetto ne ha data una certa immagine.
    Per rispondere a questa domanda sul “perché questa immagine cosa e così”, occorre rifarsi al “come” dell'immagine stessa, che è dato dal modo concreto con cui le cose figurano dentro l'immagine, dalla composizione degli elementi, dal loro diverso peso nell'insieme. Occorre fare attenzione alle linee, alle masse, ai colori, alla luce, al predominio di certi elementi figurativi.
    E siamo così al terzo interrogativo: il perché di questo come dell'immagine e cioè “l'intenzione espressiva” (che non è ancora l'idea dell'autore), la ragione per cui il fotografo ha organizzato i segni in quel modo.
    A questo livello l'analisi è complicata da due fatti: la presenza di codici d'immagini (ogni cultura ha dei suoi codici tipici: esempio, l'atteggiamento di preghiera nella cultura occidentale è dato da una persona raccolta a capo chino, con le mani intrecciate...) e, in un ambito più largo, dalle diverse visioni della realtà che possono caratterizzare le diverse culture.

    La lettura dell'idea

    Dall'intenzione espressiva (l'autore ci ha dato una tale immagine perché voleva dire “questo”), occorre passare alla vera e propria idea dell'autore.
    Anche qui occorre nuovamente distinguere: l'idea dell'autore può infatti riferirsi alla cosa rappresentata e dire qualcosa su di essa (la ragazza della foto, ad esempio, è simpatica) oppure può rappresentare una cosa, ma per “rimandare” a qualcosa che con il soggetto dell'immagine ha nulla a che fare (l'immagine di una ragazza per esprimere gioia).
    È il caso, quest'ultimo, delle cosiddette fotosimboliche, foto che non vogliono porre direttamente l'attenzione sul soggetto, ma sull'idea universale che il fotografo vuole esprimere (esempio: un volto senza espressione per mostrare la persona disumanizzata nella nostra società).

    PER UN APPROFONDIMENTO PERSONALE

    La bibliografia sulla pubblicità e sul suo linguaggio è molto vasta e spesso specialistica. Suggeriamo alcuni testi, che ci sembrano particolarmente indicati come “strumento di lavoro” per gruppi giovanili.
    Uno studio sintetico, aperto a vari problemi coinvolti nel fenomeno della pubblicità (la pubblicità e i suoi mezzi, le agenzie di pubblicità, analisi sociale e politica della pubblicità, la pubblicità nella società dei consumi), può essere trovato nel “Dizionario di Sociologia”.

    C. Sambri
    PUBBLICITA
    in DIZIONARIO DI SOCIOLOGIA
    Edizioni Paoline - Roma 1976
    Il messaggio pubblicitario quale forza persuasiva possiede? Da dove l'attinge? Quali processi psichici mette in gioco? La pubblicità ha veramente un potere persuasivo occulto?
    Chi desidera una risposta a questi interrogativi, scientifica anche se non riservata agli specialisti, trova materiale molto abbondante in questi libri.

    V. Packard
    I PERSUASORI OCCULTI
    Einaudi - Torino 1958

    L.E. Gill
    PSICOLOGIA DELLA PUBBLICITÀ
    Giunti e Barbera - Firenze 1960

    D. Victoroff
    PSICOSOCIOLOGIA DELLA PUBBLICITÀ
    Edizioni Paoline - Roma 1972
    Una analisi del fenomeno pubblicitario condotta non tanto sugli aspetti tecnici e psicologici, quanto invece su quelli culturali, morali e politici, è offerta da un altro studio, molto conosciuto.

    GC. Buzzi
    LA TIGRE DOMESTICA
    Vallecchi editore - Firenze 1964
    La lettura dell'immagine pubblicitaria richiede una competenza specifica sul piano del “linguaggio” utilizzato da questo tipo di comunicazione. Suggeriamo due libri, il primo più tecnico (G. Fabris), il secondo più metodologico-educativo (N. Taddei).

    G. Fabris
    LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA
    Etas Kompass - Milano 1968

    N. Taddei
    LETTURA STRUTTURALE DELLA FOTO E DEL FUMETTO
    Centro internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione sociale (Via Siria 20 - Roma) - Roma 1973

    Per studiare i processi motivazionali che fondano la forza persuasiva della pubblicità, consigliamo un classico nel settore:
    D. Dichter
    LA STRATEGIA DEL DESIDERIO
    Garzanti - Milano 1963

    Consigliamo infine una rivista, specializzata per il settore “audiovisivo”, che dedica spesso interventi molto concreti sul tema della pubblicità, soprattutto in prospettiva di interpretazione del suo linguaggio. La rivista si raccomanda agli operatori pastorali per il suo carattere educativo.
    EDAV
    Via Siria 20 - 00179 Roma


    NOVITÀ

    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo
    chiara massimo


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


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    patto educazione


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