Etty e la speranza
"E adesso che sono di nuovo traboccante di speranza, forza e genuina voglia di vivere..."
Poche citazioni, sul tema, e proprio nel senso quotidiano del nostro sperare, desiderare che qualcosa vada meglio, per sé e per gli altri. Ma speranze non velleitarie, bensì concrete e realistiche, e sempre con qualche desiderio che trascenda le faccende quotidiane o personali, per accedere a qualcosa di oltre.
Quando sto bene, non ho proprio nulla in comune con quella che sono quando invece non sto bene. Ieri mi sentivo tanto oppressa e misera che non riuscivo a trarre la benché minima forza dalla me stessa dei giorni precedenti. Come se fossi stata una persona totalmente diversa, una giovane donna felice, con la quale non avevo più nulla a che spartire. In certi momenti ti convinci davvero che felice e sicura di te, come sei stata in precedenza, non lo sarai mai più, e anche se la tua testa ti dice che lo sarai, in fondo non riesci proprio a crederci. E adesso che sono di nuovo traboccante di speranza, forza e genuina voglia di vivere, mi sento un po' disorientata se penso alla povera creatura di ieri pomeriggio. E, tuttavia, dovevo essere misera come ieri, per diventare ciò che sono oggi, perché ho fatto un altro piccolo passo in avanti; da stamattina c'è di nuovo una grande chiarezza nella mia testa e quindi mi sento molto più sicura di me stessa, e le cose andranno avanti così. Adesso vado a coccolarmi un pochino con Durant, anche se farei meglio a studiare un po' di antico bulgaro, ma al momento sto troppo bene per affrontare quella parte del mio studio. Oggi non ho fatto altro che lavorare su me stessa, ma domani dovrò ricominciare con il lavoro vero, altrimenti tutto quello che faccio non avrà più alcun senso. Tieni duro, ragazza!
La vita è fatta di storie che aspettano di essere raccontate da me. Oh, che idiozia - in realtà non lo so. Sono di nuovo infelice. E riesco perfettamente a immaginarmi perché le persone si ubriachino o vadano a letto con un perfetto estraneo. Ma la mia strada non è certo questa. Io devo restare sobria e con la testa lucida. E da sola. È un bene che quel farabutto stasera non fosse a casa, altrimenti sarei di nuovo corsa da lui dicendo: Aiutami, sono così infelice, sto scoppiando! E mi aspetto che gli altri si risolvano i problemi da soli! Voglio prestare ascolto, sì, proprio così. Quindi mi sono seduta per terra, nel più nascosto angolino della mia camera, schiacciata tra due pareti, il capo chino. Sì, e sono rimasta lì. Completamente in silenzio, fissando il mio ombelico, per così dire, in devota speranza che nuove forze sorgessero in me. Il mio cuore era di nuovo congelato e non voleva sciogliersi: tutti i canali erano bloccati e il mio cervello serrato in una morsa. E quando mi trovo ben raccolta in me stessa, attendo che qualcosa si sciolga e fluisca dentro di me.
E i miei desideri, pensieri e speranze glieli risparmierò, almeno per qualche tempo, in modo da non infettare me e lui. Nella mia stanchezza voglio spesso cose che, se sono onesta con me stessa, non desidero affatto. Richiamerò indietro le mie speranze e i miei desideri, come si richiamano a casa bambini piagnucolosi e turbolenti che si sono allontanati troppo. Appartengono a me e devono stare a casa, per essere educati da me; una volta che saranno stati riportati alla ragione, potranno di nuovo vagare liberamente. Ma per il momento, indisciplinati e informi come sono, fanno danni, senza sapere quello che vogliono realmente.
È davvero vergognoso, Etty, che tu ti sia di nuovo lasciata impigliare in speranze e desideri che non sono neanche davvero tuoi. Devo fare chiarezza su questo punto, prima di potermi considerare appartenente a quella grande comunità nel cui seno tutti dovrebbero tornare scevri dal proprio egocentrismo. Molti, di questi tempi, attuano una politica dello struzzo: pur facendo appello alla gravità e alla serietà di “quest'epoca”, lasciano che i loro piccoli problemi continuino a vagare, irrisolti e trascurati, in ogni angolo del loro essere. Ci vuole uno speciale coraggio, per prendere sul serio i piccoli problemi personali, e irrilevanti, per così dire, a fronte di eventi essenziali. Eppure gli eventi che, grandi e minacciosi, gravano fuori, sopra e intorno a noi, ma con i quali noi dovremmo sentire un contatto interiore, non nascono, in ultima istanza, da noi stessi?
Naturalmente si tratta di un semplice stato d'animo, uno dei tanti che si provano in queste nuove circostanze. Ma è anche un pezzo di me stessa, una possibilità che ho. Una parte di me che sta prendendo sempre più il sopravvento. Del resto: un essere umano è poi solo un essere umano. Già ora abituo il mio cuore ad andare avanti, anche quando sarò separata da coloro senza cui non credo che potrei vivere. Il mio distacco esteriore aumenta di giorno in giorno per far posto a un sentimento interiore - la volontà di continuare a vivere e a sentirsi legati per quanto lontani si possa essere gli uni dagli altri. Eppure quando cammino con lui, la mano nella mano, lungo il canale - che ieri sera aveva un aspetto autunnale e tempestoso -, o quando, nella sua cameretta, mi scaldo ai suoi gesti buoni e generosi, allora provo di nuovo questa speranza e questo desiderio così umani: perché non potremmo rimanere insieme? Il resto non avrebbe più importanza, allora, io non voglio lasciarlo. Ma altre volte penso fra me: forse è più facile pregare da lontano che veder soffrire da vicino.
In questo mondo sconvolto, le comunicazioni dirette tra due persone passano ormai solo per l'anima. Esteriormente si è scaraventati lontano, e i sentieri che ci collegano rimangono sepolti sotto le macerie, cosicché in molti casi non potremo mai più ritrovarli. La prosecuzione ininterrotta di un contatto, di una vita in comune è possibile solo interiormente, e non rimane forse la speranza di ritrovarci ancora su questa terra?
In questo momento spero di avere una vita molto lunga e di riuscire a mettere per iscritto tutto quello che ho dentro. Mi riempio del liquido della vita, sempre di più.
Dovremo parlare della “questione”. Spero di essere tanto coraggiosa nelle parole quanto lo sono nella “mente”. Comunque non sarà così semplice. Devo di nuovo strappare via da lui, e riprendermi, un pezzetto di me stessa, un bel pezzo in realtà.
Stanotte ho di nuovo avvertito una sensazione di calore e familiarità nel mio solitario, piccolo letto. Ho di nuovo ringraziato Dio, non per il letto caldo e la zuppa di piselli, ma perché lui acconsente di nuovo a vivere in me. Non ringrazio mai per le buone cose terrene che ricevo da lui, e non mi ribellerò neanche se non dovessi più riceverle. Non mi attira l'idea di ringraziare per qualcosa che manca a tante persone. Le cose non vanno ancora come dovrebbero per quanto riguarda la distribuzione dei beni terreni su questa nostra terra imperfetta. E mi pare un caso che uno finisca tra i sazi o tra gli affamati. Sicché non riuscirò mai a ringraziare per il mio pane quotidiano, se so che così tanti altri non lo hanno. Ma, quando non avrò neanch'io quel pane quotidiano, spero di riuscire comunque a ringraziare per qualcos'altro: per avere Dio in me stessa. Ciò non ha niente a che vedere con il fatto che uno sia o meno ben nutrito. Perlomeno lo dico adesso, accanto alla mia calda stufa, dopo una congrua colazione. Le cose non sono davvero così semplici come appaiono.