Oscurità
Chandra Candiani
Quando chiudiamo gli occhi vediamo l'oscurità. Spesso non ci facciamo caso, perché popoliamo subito lo schermo vuoto di immagini, pensieri rapinosi, sogni, paesaggi. Ma si può anche contemplare l'oscurità. Gli occhi fermi del cuore guardano morbidi l'oscurità senza forma e si lasciano disfare lo sguardo. Liquefare opinioni, sicurezze, memorie, racconti abitua a contemplare l'oscurità di quando non capiamo, non afferriamo. Un incantato momento per non solidificare l'esperienza, per attraversarla come un pesce attraversa la massa d'acqua in cui vive senza domande.
Mentre lasciamo che il sottile movimento dell'oscurità ci smonti, possono arrivare le rivelazioni. Di colpo, sappiamo perché abbiamo abbandonato qualcuno, perché siamo stati abbandonati, perché ci disperiamo, perché stiamo scoppiando di vita: piccoli frammenti ci raggiungono e sappiamo. Il sapere oscuro salta nessi e passaggi e ci rivela verità nascoste da sedimenti di buon senso, di tempo, di facce da salvare, di dolori da cui difendersi.
Nei Fratelli Karamazov, lo starec Zosima dice: «Colui che mente a se stesso è certo il piú suscettibile d'offendersi». Se a poco a poco lasciamo che le nostre storture si staglino attraverso il buio e ci raggiungano navigando placide, cosa ci potrà piú offendere? Solo quello che non ci appartiene, e allora non c'è bisogno di offendersi: basta restituirlo al mittente perché l'indirizzo è sbagliato.
(Questo immenso non sapere, Einaudi 2021 - pp. 73-74)