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    Etty e le "dimensioni del tempo"

    (memoria, attenzione, attesa)


     


    Le tre dimensioni della percezione del tempo da parte dell'uomo, come elegantemente suggerisce S. Agostino nelle sue "Confessioni" (Libro XI, 20):
    "È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.
    Chissà se Etty – grande lettrice "confessa" di Agostino ("È così trascinante e ardente, il mio Agostino-a-stomaco-vuoto.")  aveva in mente queste specificazioni, ma intanto vediamo alcune citazione esplicite.
    Le tre tematiche qui sotto indicate non ricevono - materialmente - molta attenzione (eccetto appunto "l'attenzione", perlopiù rivolta allo studio e alle persone nei rapporti personali.
    Ma quando evocano la storia, il passato, esso è davvero ricco e forte (e allora bisognerebbe ricordare la sua storia familiare e l'appartenenza a un popolo perseguitato); quando indicano un sguardo realistico sul futuro, assume anche i tratti dell'ignoto, del tragico, di un "destino" segnato. Che Etty cercherà di riscattare e redimere con la sua testimonianza.
     


    MEMORIA

    E poiché lui ha vissuto tanto intensamente passando attraverso molte, moltissime esperienze, inclusi momenti difficili e improduttivi, può capire ogni cosa e perdonare molto. “Dopo tutto, anch'io sono tornato a casa da mia moglie dopo qualche incontro intimo, e ricominciavo tutto di nuovo con lei se ne avevo voglia, passando direttamente da un'esperienza all'altra. Ma a lungo andare questo risucchia le tue energie creative, divora alla radice il tuo potere creativo. E delle mie molte esperienze, solo quelle spirituali sono rimaste con me, le altre sono quasi svanite dalla mia memoria.

    Vado per una strada e ho una guida per percorrerla. Ogni volta ritrovo la mia memoria e allora so, meglio che mai, come debbo comportarmi - o piuttosto, so che lo saprò, in ogni circostanza.

    E se, in futuro, non sarò più in grado di ricordare tante immagini, mi rimarranno sempre questi ultimi due anni, e risplenderanno all'orizzonte della mia memoria come un bellissimo paese, che una volta era la mia patria e che è sempre ancora mio.

    Le mie impressioni sono sparse come stelle sfavillanti sullo scuro velluto della mia memoria.

    Che Dio ti benedica, tesoro mio. Hai idea di quanto bene io ti voglia, e di quanto te ne abbia sempre voluto? Una sera di molto tempo fa lui mi disse: «Non credo che Tide sappia quanto mi sia cara. Spesso sono rude con lei e le do della bestia, dell'animale, perché se le mostrassi come le voglio bene perderebbe la testa». Ho inciso queste parole nella memoria e le ho conservate per potertele offrire un giorno (Lettere). 


    ATTENZIONE

    Lavorare con concentrazione è la cosa più bella che ci sia, ma, santo cielo, quanto bisogna ancora lottare, e ora a lezione. Saprò starci con un altro animo, adesso. Prima, cioè solo la settimana scorsa, in parte ascoltavo e in parte sognavo, e pensavo continuamente: ah, più tardi ristudierò quello che dice, ma adesso mi piace troppo restarmene qui a fantasticare. Semplicemente vergognoso, debole e patetico: finché sarai ancora così, concentrata solo a metà, non ne verrà mai fuori nulla. E ora devi fare attenzione. Devi volerlo! Questo è il principio di tutto.

    Mi sorprendo ad aver voglia di musica. Pare che io non sia sprovvista di senso musicale e la musica mi tocca sempre molto se mi capita di ascoltarla: ma non ho mai avuto la pazienza di mettermici, la mia attenzione andava sempre alla letteratura e al teatro, cioè ai campi in cui io posso continuare a pensare: ed ecco che ora, in questa fase della mia vita, la musica comincia a far valere i suoi diritti, e io sono di nuovo in grado di abbandonarmi a qualcosa e di dimenticare me stessa. Sento soprattutto il desiderio dei classici puri e sereni, non di questi tormentati moderni.

    In quel momento, sebbene sposato con la sua scienza, quell'uomo si era mostrato così pieno di commovente attenzione paterna da entrarmi nel cuore per sempre. E comunque non potrei mai dimenticare quell'ultima visita.

    Devo promettere a me stessa che cercherò almeno di essere il più naturale possibile, perché con lui posso esserlo. Mi accorgo che in questo momento sto annotando tutto senza concentrazione e senza alcun piacere, a onor del vero anche senza alcuna necessità interiore. Continuo a essere attratta da Jung e lo studio assume per me sempre maggior importanza. Negli ultimi tempi sono abbastanza riuscita a dimenticare me stessa, e per un po' spero davvero di cavarmela senza il supporto di questo quaderno: non posso dedicarmici troppo, perché il resto sta diventando sempre più importante per me. Ci sarebbe ancora molto da scrivere, così tanti dettagli che vorrei fissare sulla carta per dopo; però, se non lo faccio con cura e attenzione, è meglio che non lo faccia per niente. E adesso al lavoro.

    Persino mentre lavoro, sento l'improvviso bisogno di vedere la mia faccia; e allora mi tolgo gli occhiali e mi specchio nelle lenti. A volte è proprio un atteggiamento compulsivo. Ne sono davvero molto scontenta, perché mi accorgo di quanto io stessa stia ancora ostacolando il mio sviluppo. E non è d'aiuto neanche se mi costringo a non compiacermi nell'osservare il mio volto. Una sorta di indifferenza per l'aspetto esteriore deve nascere da dentro, dovrei smettere di interessarmi a come appaio, e vivere in maniera “più interiore”. Anche con gli altri, faccio ancora troppa attenzione all'apparenza, chiedendomi se qualcuno sia “bello” oppure no. Alla fine ciò che conta è l'anima dell'uomo o la sua essenza o comunque la si voglia chiamare, cioè quello che traspare dal di dentro.

    Bisogna fare in modo che nessuno si arricchisca a danno di un altro. Per riuscirci è necessario avere proprio tanto amore dentro di sé. Quando l'attenzione è attratta da un viso nuovo, non si possono di punto in bianco dimenticare tutti quelli vecchi. Se nasce un forte sentimento verso una persona sconosciuta, i sentimenti nei confronti dei vecchi amici non possono affievolirsi. Lo si può imparare.

    Sono sempre tesa e piena di attenzione, cerco qualcosa ma non so ancora cosa. Cerco una verità profonda, ma non ho ancora idea di che cosa si mostrerà.

    Ma ieri sera, di punto in bianco, è arrivata l'illuminazione: io pretendo che gli altri mi prendano sul serio e, quando non lo fanno, mi sento “incompresa”, non avverto il contatto. Ma in realtà non è necessario che io venga compresa; quel che voglio è solo comprendere gli altri. Ognuno desidera sempre sentire se stesso negli altri e perciò vuole che gli altri lo comprendano. Ma bisogna riuscire a prendere le distanze da una simile pretesa. In via teorica l'ho fatto, ma non “vivo” ancora del tutto in accordo con ciò. Desidero ancora troppo che mi si dedichi piena attenzione, che mi si comprenda. Eppure a volte mi sembra di essere composta di mille persone e di non poter pretendere che gli altri stian dietro ai miei umori e ai miei turbamenti interiori.

    Bisogna educare la propria salute con saggezza: l'importante, per me, è non prestare troppa attenzione ai capricci quotidiani, indirizzando altrove l'energia che prima finiva tutta lì.

    Dovrei “lavorare su me stessa” con maggiore regolarità, osservarmi con grande attenzione, ma è proprio a questo punto che iniziano le più grandi difficoltà. Ora ho l'impressione di essere una sorta di laboratorio psicologico, dove vengono compiute una lunga serie di sperimentazioni, sufficienti per una ventina di persone.
    La mia salute somiglia proprio a una bambina viziata e capricciosa. Le ho dedicato sempre troppa attenzione e così quella viziata ne ha pretesa sempre di più. Se adesso la ignoro un po' e non la prendo tragicamente, forse mi lascerà un po' di più in pace.

    Ho visto che Wiep era colpita e depressa, e di colpo tutta la mia attenzione si è concentrata su di lei e la mia tristezza è sparita in un attimo. Questo mi accade spesso: se vedo che altri sono tristi, allora io mi riprendo e vorrei gridare agli altri: Di sicuro non è così grave, passerà presto, la stai prendendo in modo molto più negativo di quanto sia necessario.

    Sì, anche lui ama l'umanità, al che S. ha risposto: Sì, sapevo che ci sarebbe stato qualcosa di singolare in queste mani. O una cosa simile. E poi: Se solo non dedicassi tutta la tua attenzione al mondo esterno, a quelle persone, ma la indirizzassi di più verso il tuo interno.

    E c'era anche dell'altro, ovviamente: non potevo semplicemente sopportare l'idea che dedicasse maggiore attenzione agli altri che a me, anche solo per un momento. E allora, ecco di nuovo quella mancanza di fiducia in me stessa. Se si ha di continuo bisogno dell'attenzione e dell'amore di un altro per sentirsi bene, per poter credere in un'amicizia, allora c'è qualcosa che non va. Le alte e le basse maree ci sono comunque, no? E non è forse un bene? E perché mai non dovrebbero esistere anche nelle relazioni personali? Bisogna soltanto ascoltare il ritmo.

    E se non lo faccio adesso, mi sentirò certamente malissimo. Allora scrivi! E per dimostrare a te stessa che si tratta di una cosa seria, oggi devi finalmente scrivere la lettera alla piccola Wils, e non di sfuggita e con negligenza, ma con amore e attenzione. Pensi a lei così spesso e con affetto, perché mai non dovresti riuscire a dedicare un'oretta del tuo tempo a quella lettera? È davvero bizzarro che rimandi da settimane un simile gesto.

    Credo di non vivere ancora in maniera abbastanza regolare; in realtà non bisognerebbe perdere un solo minuto: se non c'è il lavoro, ci sono le persone che richiedono attenzione e comprensione, e questa comprensione può essere data pienamente solo se si ascolta con costanza se stessi e si lavora su se stessi. Insomma, non si deve mettere troppa carne al fuoco, ma essere fedeli a tutti e a tutto, portando a termine quanto si comincia. Nelle relazioni umane non si può essere volubili, e quando si accoglie qualcuno nel profondo, bisogna lasciarlo lì e continuare a lavorare su di lui.

    Ho letto ancora un po' Rilke ieri sera. Quando lo leggi, non ricordi sempre i dettagli, ma è come se diventassi interiormente sempre più attenta. È come se tutto quello che ti giunge dall'esterno dovesse essere guardato e affrontato con molta più attenzione, come non hai mai fatto prima; ma anche tutto quello che s'innalza da dentro dev'essere ascoltato con maggiore attenzione, sempre più attentamente e seriamente.

    Sono ancora troppo assillata da queste parole. Stamattina presto ho pregato: Signore, liberami dalle piccole vanità. Prendono troppo spazio interiore e io so benissimo che le cose importanti sono ben altre, non certo l'essere considerata carina e affascinante dai miei simili. Quello che voglio dire è che queste cose non possono occupare troppo spazio nella tua attenzione e immaginazione, perché rischi di perderti in considerazioni come queste: quanto sono carina e spiritosa, e quanto piaccio a tutti.
    In passato facevo il clown per una sorta di forzatura e mi sentivo estremamente infelice. Adesso, ogni tanto sono esuberante e solo per un eccesso di energia, e proprio nei giorni in cui interiormente sono più seria e concentrata; in quei momenti si sprigiona d'un tratto un'esuberanza infantile da sorgenti nascoste, che confina con il fare la buffona. Ma quando ti rendi conto che agli altri piaci, ciò non deve occupare troppo spazio nella tua attenzione e immaginazione, non può carezzare troppo il tuo ego, perché il focus si sposterebbe di nuovo dalla vita interiore a quella esterna. Negli ultimi tempi stai vivendo davvero tanto dei piaceri esteriori, e proprio in simili momenti dovresti essere “più raccolta” e più serena che mai, altrimenti tutto si risolverà in vanità ed esteriorità.

    Sì: appartenere alla propria esperienza interiore e trasformarla. È anche il mio grande desiderio. E bisogna portare in sé il proprio “vissuto”, metterlo al centro di spazi silenziosi e ascoltarlo. E tutto questo non è possibile se concedi troppa attenzione all'entusiasmo che dall'esterno investe la tua personcina. Essere in se stessi. Essere soltanto. Silenzio. Anche se sei circondata da una marea di persone. E nessuna vanità!

    E poi: bisogna saper reggere i propri sentimenti forti e sopportarli e farli avanzare. Non si deve sempre desiderare di liberarsene, bisogna saperne portare il peso e non lasciarsene distruggere, anzi, trarne energie e non solo per quell'unico uomo ma anche per molte altre creature di Dio, che pure hanno diritto alla nostra attenzione e al nostro amore.

    E mi sono ricordata come, la scorsa settimana, seduta in quella piccola misera gelateria, stracolma di stelle gialle, ho detto a Liesl: Se almeno non diventassimo troppo compiaciuti, dobbiamo fare attenzione a questo, noi che abbiamo trovato la nostra realtà interiore.

    Voglio metterci tutto il mio impegno e la mia attenzione, ed essi assisteranno al “lavoro” a nome mio: saranno i miei rappresentanti in quell'officina, ma assisteranno semplicemente, senza fornire alcun aiuto effettivo.

    Devo prepararmi a un futuro in cui gli impedimenti fisici faranno parte della mia vita, se voglio evitare che essi si presentino ogni volta come ostacoli inaspettati e paralizzanti: devo farli acclimatare, per dir così, alla mia condizione quotidiana, a tutta la mia piccola persona, in modo da dominarli e non averne più fastidio. Allora essi non saranno più un elemento frenante, che mi tocca affrontare ogni volta con gran dispendio di tempo ed energia; saranno invece un elemento che avrò risolto in me stessa, sicché non dovrò più dedicarvi attenzione e potrò proseguire indisturbata per la mia strada. Magari mi sono espressa malissimo, ma so perfettamente che cosa voglio dire.

    Ci sono dei giorni in cui non riesco a stargli dietro, per stanchezza o per altro. Allora vorrei che la sua attenzione e il suo amore fossero soltanto miei, e di me non resta che quell'io limitato, e gli spazi cosmici che ho dentro si chiudono. In questi casi, naturalmente, perdo il contatto con lui.

    E adesso facciamola finita con questa copiatura; potrei trascrivere quell'intero libro; del resto, non è una mia proprietà? Voglio sempre copiare ciò che mi sembra bello. Quando lo faccio, scrivo più chiaramente e con maggiore cura del solito e dimoro a lungo e con attenzione in ogni parola. Tengo per un attimo ogni parola nelle mani e poi la lascio di nuovo andare e passo a un'altra.

    Forse hai amato troppo ciecamente, con scarsa attenzione alla realtà. Perciò compare all'improvviso una realtà nella quale l'amore non ha più spazio. E l'altro non ci può fare nulla. E tu stessa spesso non puoi farci molto. Ma non ci si deve biasimare a vicenda, anzi è necessario essere grati alla vita per i momenti di ispirazione che essa talvolta ci permette di vivere attraverso altri; bisogna rassegnarsi e accettare che tutto questo scompaia di nuovo, e soprattutto non si deve darne la colpa all'altro. Non è una questione dell'altro, è una questione della vita in sé. E qui non si può forzare nulla.

    Devo fare qualcosa per Liesl e per Werner, devo proprio. Non in modo affrettato, ma con attenzione e concentrazione. E poi mettere velocemente una lettera in tasca a Loopuit.

    È un fatto ben singolare: da quando ho visto quel convoglio di gente catturata nei rastrellamenti non soffro più né fame né sonno né altro e mi sento benissimo, l'attenzione si concentra a tal punto sul prossimo che ci si dimentica di se stessi, e in realtà è meglio così (Lettere). 


    ATTESA

    Sono appena andata a dichiarare la mia appartenenza al sangue ebraico. Il popolo olandese mi è davvero tanto caro. All'inizio eravamo tutti allineati nel corridoio della scuola: una fila alquanto silenziosa e oppressa, un'attesa che veniva percepita come destino ineluttabile: ci veniva fatto questo. Un giovane uomo, con un basco e la faccia arguta da operaio, stava in piedi all'ingresso dell'aula scolastica. Faceva entrare due persone per volta, mentre quasi impercettibilmente circondava con il braccio le spalle di alcuni di noi, in un gesto protettivo e niente affatto compiacente.

    Andrò a preparare la colazione. Almeno una dozzina di complessi sul nascere sono in attesa dentro me; la domanda è se riuscirò a uscirne da sola.

    Due ore fa pensavo che questa situazione mi avrebbe lacerata, non sapevo come uscirne, e adesso invece respiro di nuovo liberamente. Nei miei occhi sono in attesa ancora molte lacrime, e la testa è affaticata come se fossi uscita da una grave malattia; ho ancora una strana sensazione addosso, mi sento “trafitta dalla sofferenza”, per usare un'espressione forte, e sul cuore resta un peso enorme, ma si vive di nuovo. Ho ricominciato a vivere nel momento in cui sono corsa al telefono e ho chiesto: Stammi un po' a sentire, non è che per caso mi ritieni una persona priva di gusto?

    E adesso sono stesa qui, accanto a Han, la mia gamba nuda tra le sue cosce, e guardo il suo profilo e i suoi occhi chiusi: sul suo viso si vede un'espressione di attesa, mi è tanto familiare e io lo sento vicino.

     

     


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