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    Etty e l'uomo / donna



    "Alla fine ciò che conta è l'anima dell'uomo o la sua essenza o comunque la si voglia chiamare, cioè quello che traspare dal di dentro".

    "Molti uomini sono ancora geroglifici per me, ma pian piano imparo a decifrarli. È la cosa più bella che conosca: leggere la vita dagli uomini".

    "Forse la vera, la sostanziale emancipazione femminile deve ancora cominciare. Non siamo ancora diventate vere persone, siamo donnicciole. Siamo legate e costrette da tradizioni secolari. Dobbiamo ancora nascere come persone, la donna ha questo grande compito davanti a sé£.

     

    Una presenza molto "scontata" ed essenziale, nella vita di una Etty così "sensuale" e così "spirituale", così "umana.
    La modalità delle occorrenze della parola "uomo-uomini" presenta una triplice dimensione: personale, generica e universale.
    Chiariamo l'assunto.
    La dimensione personale (psicologica-emotiva) corrisponde anzitutto all'uomo Spier, nel coinvolgimento dei diversi livelli del loro rapporto, di cui quello emotivo-sessuale occupa un posto preminente.
    Il mondo interiore ed esteriore di Etty non girano unicamente attorno al maestro, ma di certo ne è un punto centrale di riferimento, sia come avvicinamento che come desiderio di distacco e presa di coscienza che non è tutto, e non basta, e occorre distanziarsi per trovare il proprio centro in sé.
    Alcune citazioni qui sotto riportate sono molto chiare.
    Il secondo, dicevamo, riguarda tutti gli altri uomini che stanno attorno a Etty, le varie altre figure maschili (come in genere le altre persone) verso cui maturare un rapporto di conoscenza e di amore, di scambio, nel rispetto reciproco.
    Il terzo momento, per noi più rilevante, è un discorso di antropologia, di passaggio dall'uomo singolo all'umanità.
    Allora - a parte la considerazione sui rapporti uomo-donna - si tratta di mettere sul piatto il proprio modo di essere al mondo, di trovare il proprio centro, tra interiore ed esteriore.
    In questo cammino di "umanità" Etty sente la peculiare importanza della donna, attraverso la cui "anima" l'uomo può raggiungere la sua.

    In maniera complementare e quasi speculare, l'occorrenza nel Diario della realtà "donna" è il più delle volta relativa al rapporto personale di Etty con Spier, con tutta la gamma di sfumature dal desiderio, all'appagamento, all'insoddisfazione, alla gelosia, al possesso...
    In una seconda modalità tratta del generale rapporto uomo-donna, dove si rivela in pieno il carattere delle singole persone... per approdare a considerazione pi generali circa il compito essenziale e quello storico delle donne; sia nei confronti dell'uomo (aiutarli a scoprire la loro "anima"), sia nei confronti di se stessi ("diventare persone"), sia nei confronti della società che di Dio (conservargli una dimora)

     

    UOMO


    Ecco Freud:
    “I critici persistono nel definire "profondamente religioso" un uomo che ceda al sentimento della piccolezza e dell'impotenza umane di fronte all'universo, benché il sentimento che costituisce l'essenza della religiosità non sia questo, ma solo il passo immediatamente successivo, ovvero la reazione che cerca aiuto contro tale sentimento.
    Chi non procede oltre, chi umilmente si rassegna alla parte insignificante dell'uomo nel vasto mondo, costui è davvero irreligioso nel più vero significato della parola”.

    J.:
    “Gli uomini sono in gran parte livellati, mancano di originalità, di creatività, appaiono noiosi, poco interessanti, quasi non fossero più degni di chiamarsi "uomini". Ma basterebbe l'esistenza di un solo "essere umano" degno di questo nome, per poter credere negli uomini, nell'umanità”.

    L'uomo è proprio un essere fragile e caduco. Già, del resto non si può neanche pretendere di provare sempre sentimenti di gloria, e una piccola caduta ogni tanto non è neppure nociva.

    è rimasto almeno un quarto d'ora ad arrovellarsi sul fatto che è la ragione a rendere infelici gli uomini e che l'uomo deve avere l'onestà di accettare il mondo per quello che...

    Mio Dio, stammi vicino e dammi forza, perché la battaglia si farà dura. Oggi pomeriggio la sua bocca e il suo corpo erano così vicini, non riesco più a dimenticarli. Non voglio avere una relazione con lui. Però stiamo andando in quella direzione. Ma non voglio. La sua futura moglie è a Londra, sola, e l'aspetta. E, per parte mia, ho ben cari i miei legami. Ora che sto pian piano diventando più “raccolta”, mi rendo conto di essere una persona terribilmente seria che non scherza con l'amore. Voglio avere un uomo per tutta la vita e voglio costruire qualcosa con lui...
    Ma ora che le mie forze interiori hanno potuto organizzarsi, esse hanno anche cominciato a lottare contro il mio desiderio di avventure e contro la mia curiosità erotica, che s'interessa a molti uomini. In fondo è solo una Spielerei: un uomo lo si può capire benissimo con l'intuizione, non c'è bisogno di avere una relazione con lui..
    Ma voglio affrancarmi da lui, non voglio più relazioni a breve termine nella mia vita; desidero qualcosa di vero e duraturo, e sto già combattendo per l'uomo con il quale, forse, passerò il resto dei miei giorni in onestà e senza Spielerei. O forse non è proprio così. Non sto combattendo per nessun uomo futuro in particolare, ma per un'idea, anzi, per dirla con maggior eleganza, per un ideale di lealtà e serietà in queste situazioni e per fermezza di carattere. Ma, mio Dio, quanto sarà difficile! Adesso devo cercare di lavorare un po'.

    Ieri mi sentivo tanto forte e umana nei suoi confronti, ma ora sono di nuovo un diavoletto indispettito. Proprio un attimo fa, mentre stavo riposando sul divano, il suo viso mi è d'un tratto comparso davanti, com'era quella domenica sera: gli occhi molto profondi e caldi, pieni di misteri che volevo conoscere un uomo tutto d'un pezzo, con tanta esperienza e con una lunga vita alle spalle, e allo stesso tempo un uomo dalla straordinaria sensibilità e intrinsecamente buono, con una devozione faticosamente conquistata. E adesso questa visione mi perseguita, come una terribile tentazione.

    Alla fine ciò che conta è l'anima dell'uomo o la sua essenza o comunque la si voglia chiamare, cioè quello che traspare dal di dentro.

    Desideravo più l'essere umano che l'uomo. Era in realtà la prima volta che non lo vedevo come un uomo fortemente sensuale, e che non mi sono allontanata dalle sue braccia sentendomi sola. Ma anche incombe sempre il pericolo di attaccarsi troppo a lui: devo lottare per staccarmi, devo vivere la mia vita; io sono ancora all'inizio mentre lui ha già cominciato la sua fase finale. Di volta in volta devo recidere tutti i legami che continuano a crescere tra lui e me. Fa tanto male e costa molta energia, ma se riuscirò a portare avanti questa lotta, sarò più forte che mai.

    Il mondo interiore è tanto reale quanto quello esterno. Bisogna esserne consapevoli. Anch'esso ha i suoi paesaggi, i suoi contorni, le sue possibilità, i suoi terreni sconfinati. E l'uomo stesso è il piccolo centro nel quale mondo interiore e mondo esterno si incontrano. I due mondi si nutrono l'uno dell'altro: non si deve trascurarne l'uno a spese dell'altro o considerare l'uno più importante dell'altro, altrimenti si rischia di impoverire la propria personalità. Moltissime persone mi appaiono come spezzate a metà, e quindi più o meno amputate, il che dipende forse dal fatto che non hanno consapevolmente riconosciuto come tale il loro mondo interiore. Talvolta le forze del mondo interiore si fanno avvertire, dando alle persone in alcuni istanti una certa sensazione di ampliamento e un assaggio di un qualcosa di più rilevante, ma tutto è troppo disorganizzato, troppo caotico, a malapena consapevole. Quel mondo interiore è un terreno a maggese, incolto, che gli individui non fanno la fatica di lavorare. Non è riconosciuto come un luogo reale. In tali casi avverto la tentazione di dare inizio al lavoro di dissodamento, di metter ordine e di rendere gli altri consapevoli. Chissà, forse questo diventerà il lavoro della mia vita a lungo andare?

    Ho scritto che mi sono confrontata col “dolore dell'Umanità” (questi paroloni mi fanno ancora paura) ma non è del tutto esatto. Mi sento piuttosto come un piccolo campo di battaglia su cui si combattono i problemi, o almeno alcuni problemi del nostro tempo. L'unica cosa che si può fare è offrirsi umilmente come campo di battaglia. Quei problemi devono pur trovare ospitalità da qualche parte, trovare un luogo in cui possano combattere e placarsi, e noi, poveri piccoli uomini, noi dobbiamo aprir loro il nostro spazio interiore, senza sfuggire. Forse, su questo punto, io sono davvero molto ospitale, a volte sono come un campo di battaglia insanguinato e poi lo pago con un gran sfinimento e con un forte mal di capo. Ma ora sono semplicemente me stessa: Etty Hillesum, una laboriosa studentessa in una camera ospitale con dei libri e con un vaso di margherite. Scorro di nuovo nel mio stretto alveo e il contatto con “Umanità”, “Storia Universale” e “Dolore” s'è interrotto un'altra volta. Così dev'essere, del resto, altrimenti una persona impazzirebbe. Non ci si può sempre perdere nei grandi problemi, non si può essere sempre come un campo di battaglia; dobbiamo poter recuperare i nostri stretti confini e continuare dentro di essi - scrupolosamente e coscienziosamente - la nostra vita limitata, mentre quei momenti di contatto quasi “impersonale” con tutta l'umanità ci rendono ogni volta più maturi e profondi. Forse, in futuro, saprò esprimermi meglio, o farò dire queste cose a un personaggio di una novella o di un romanzo, ma sarà solo fra molto tempo.

    La sorgente di ogni cosa ha da essere la vita stessa, mai un'altra persona. Molti, invece - soprattutto donne - attingono le proprie forze da altri: è l'uomo la loro sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e innaturale.

    Mi sono resa conto che non si può spiegare l'essere umano con nessuna formula psicologica: solo l'artista è in grado di rendere ciò che resta d'irrazionale nell'uomo.

    S. dice che l'amore per tutti gli uomini è superiore all'amore per un uomo solo: perché l'amore per il singolo è una forma di amore di sé.

    S. è un uomo maturo di 55 anni, che ha raggiunto questo stadio di amore per tutti gli uomini dopo aver amato molte persone singole, nel corso della sua lunga vita. Io sono una donnetta di 27 anni: anch'io mi porto dentro questo grande amore per tutta l'umanità, eppure mi domando se non continuerò a cercare il mio unico uomo. E mi domando fino a che punto questo sia un limite della donna: fino a che punto cioè si tratti di una tradizione di secoli, da cui la donna si debba affrancare, oppure di una qualità talmente essenziale che una donna farebbe violenza a se stessa se desse il proprio amore a tutta l'umanità invece che a un unico uomo (non sono ancora in grado di concepire una sintesi). Forse, la mancanza di donne importanti nel campo della scienza e dell'arte si spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a cui trasmette poi tutta la propria conoscenza, calore, amore, capacità creativa. La donna cerca l'uomo e non l'umanità.

    È vero che la donna cerca la concretezza del corpo e non l'astrattezza dello spirito. Per la donna il centro di gravità è l'uomo singolo, per l'uomo è il mondo: chissà se la donna è in grado di spostare questo centro senza violare se stessa, senza far violenza alla propria natura? Questo, e molti altri interrogativi sono stati sollevati dalla sua lettera, che era molto stimolante per me.

    R. (Rilke, citazione)
    Di fatto io posso conoscere un uomo nella sua più profonda essenza, solo se nel contempo guardo me stesso con i suoi occhi e, mentre conosco lui, vengo dunque a scoprire anche cose nuove su di me”.

    “Il baricentro della donna si colloca nell'uomo, nella casa, nei figli, dunque in ciò che ha sostanza, che è tangibile, come dicevi tu. E il baricentro dell'uomo si trova nel lavoro, nel mondo, nel cosmo. Ma può la donna spostare il proprio baricentro, senza far violenza a se stessa nel più profondo del suo essere? Potrebbe essere questo un compito per la donna? Un compito per me? E per me queste adesso non sono più semplici domande teoriche, ma in qualche misura già carne e sangue”.

    Proprio perché così tante cose si agitano dentro di me, e mi accorgo via via che nessuno stato d'animo mi è ormai estraneo, riesco a sentire e a capire gli altri, sempre più a fondo, e questo deve bastarmi. Credo di non essere destinata all'unione con un unico uomo. La maggior parte delle persone, d'altronde, si convince di qualcosa di simile e poi si accontenta. Io invece non credo di dover dipendere da un'altra persona nella mia vita, ma da me stessa e da Dio.

    Eh, sì, noi donne, noi stupide, idiote, illogiche donne, noi cerchiamo il Paradiso e l'Assoluto. E col mio cervello, col mio eccellente cervello, io so bene che l'assoluto non esiste, che ogni cosa è relativa e infinitamente sfumata e in perpetuo movimento, e proprio per questo è così interessante e seducente ma anche così dolorosa. Noi donne vogliamo eternarci nell'uomo. Io voglio che lui mi dica: tesoro, tu sei l'unica per me e ti amerò in eterno. Ma questa è una favola. E fintanto che non me lo dice, tutto il resto non ha senso e non esiste. E il buffo è che non lo voglio affatto - non vorrei aver S. come eterno e unico uomo -, però pretendo il contrario da lui. Forse pretendo un amore assoluto proprio perché io non ne sono capace?

    E ieri, improvvisamente, ebbi voglia di sfogarmi su questo quaderno: “Voglio un uomo, un uomo solo per me”. Sono momenti. In realtà, non lo voglio proprio per niente. Ho la sensazione che dovrò fare tutto da sola. A volte desidero quell'uomo come una sorta di linea di confine, di demarcazione del mio stesso essere, perché ho paura di perdermi in uno spazio del quale non conosco il centro. Ma il centro deve albergare in me stessa, nel mio profondo, questa è l'unica cosa che conta davvero per me. Non so come stiano le cose per altre donne.

    A S., durante una telefonata a ora tarda:
    “Preferisco dormire con i libri che non con gli uomini”. “Questo è già un enorme progresso”. Poi a Han: “No, non tentarmi, vado davvero a dormire nel mio letto”. E Han, subito offeso: “Ah, ma quale tentazione! Vai a dormire con i libri!”.

    Strano, eh? A volte è tutto così limpido e cristallino in me, ma quando poi lo scrivo, ne viene fuori un disastro. È una forma di sofferenza anche dover lottare per conquistarsi una forma in mezzo al caos che regna dentro; non riesco ancora ad affrontarlo; anche se poi è l'unica cosa che mi darebbe soddisfazione nella vita, non un marito o un figlio, lo avverto con sempre maggiore forza. Ma forse è facile dire che l'uomo non è lo scopo ultimo, quando si vive fianco a fianco con un uomo, anche se poi non rappresenta l'essenziale della mia vita.
    Che strano bisogno è quello degli uomini di soffrire? Per poter giustificare la propria esistenza. Non c'è nulla di straordinario nell'apprezzare la vita, quando si ha una vita buona.
    Eppure qualcosa non va in me: non voglio un uomo, non voglio figli, perché non oserei mai prendermi la responsabilità di un'altra vita - la responsabilità di me stessa mi costa già tutte le energie - e perché temo la sofferenza, la tristezza e la solitudine che scaturiscono da un così piccolo consorzio umano.

    E dovunque mi troverò, io cercherò d'irraggiare un po' di quell'amore, di quel vero amore per gli uomini che mi porto dentro. Ma non devo neppure vantarmi di questo “amore”. Non so se lo possiedo. Non voglio essere niente di così speciale, voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente. A volte credo di desiderare l'isolamento di un chiostro. Ma dovrò realizzarmi tra gli uomini, e in questo mondo.

    La vita non può essere costretta in un sistema. E neanche una persona. O la letteratura. A questo sistema, spesso costruito faticosamente, vengono sacrificate troppa realtà e troppa verità. Forse però è meglio lasciar fuori dal discorso la parola “verità”, in questo caso. La tendenza dell'uomo a sistematizzare, per poter comporre le molte contraddizioni in una struttura unitaria, è anch'essa reale, è un impulso autentico. E ogni volta occorre arrivare a un sistema, per sfuggire al caos. Ma è anche necessario lasciare che le cose vadano avanti da sé.

    E un po' più tardi, durante il giorno, leggendo Suarès m'imbatto in quanto segue: “Il dolore non è il luogo del nostro desiderio, bensì il luogo della nostra certezza.. Non ritengo si debba fare della sofferenza un segno d'elezione. Bisogna piuttosto fare tutto il possibile per liberarsene. Ma bisogna conoscerla. Il vero uomo non è il signore della sua sofferenza, né tanto meno colui che la rifugge o che ne è schiavo: dev'essere il redentore della sofferenza”.

    Jan chiedeva con amarezza: cosa spinge l'uomo a distruggere gli altri? E io: gli uomini, dici - ma ricordati che sei un uomo anche tu. E inaspettatamente, quel testardo, brusco Jan era pronto a darmi ragione. Il marciume che c'è negli altri c'è anche in noi, continuavo a predicare; e non vedo nessun'altra soluzione, veramente non ne vedo nessun'altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi. È l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove.

    Determiniamo il nostro destino dall'interno. L'ho scritto mercoledì, di buon mattino, e sono rimasta io stessa turbata da questa affermazione avventata, così ho cercato di verificarla dentro di me. E inaspettatamente tutto si è chiarito. Certo, ogni uomo determina il proprio destino. Le situazioni in cui possiamo trovarci su questa terra non sono molte: siamo mariti o padri, mogli o madri, siamo prigionieri o guardie carcerarie, non fa poi una grande differenza: le stesse mura ci circondano. E così via, da ripensarci in seguito. In realtà è l'orientamento interiore verso gli eventi a determinare il destino. In ciò consiste la vita. Non conosciamo la vita di una persona, se ne conosciamo solo i fatti esteriori. I fatti esteriori, ahimè, non sono poi così diversi in ogni esistenza. Per capire la vita di un uomo bisogna conoscerne i sogni, il rapporto con la famiglia, gli stati d'animo, le delusioni, la malattia e la morte.

    E quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell'uomo, non l'uomo stesso.

    Un'altra cosa ancora di quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi. E perciò sono molto più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possano crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime: così, grandi edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani, s'innalzano sopra di noi, ci dominano, e possono crollarci addosso e seppellirci.

    Ieri sera, a letto, ho detto d'un tratto: A dire il vero, dovrei esserTi grata, Dio, per avermi messa in condizione di provare simili sentimenti grandi e passionali e per aver messo sul mio cammino un uomo che riesce a rispondere a tutti quanti, anche se per alcune settimane ha evitato di spalancarmi le braccia.

    Ah, gli uomini, gli uomini! Voi e i vostri piccoli istinti di possesso.

    E mentre io ero affascinata dal suo essere-uomo, c'era anche, al tempo stesso, la sensazione di non dover flirtare con gli uomini, di non dover cercare negli uomini solo la controparte, ma di doverli ammettere anche al nostro regno interiore. Noi donne abbiamo un grosso compito da portare a termine con gli uomini - comincio lentamente a sospettarlo - e intravedo anche il percorso da seguire. Attraverso la nostra “anima”, voi arriverete alla vostra.

    E ho anche trovato le parole giuste per dire che, a mio avviso, si tratta di un compito storico della donna per i tempi futuri: mostrare all'uomo la via verso la sua anima attraverso l'anima femminile. E in questo non c'è bisogno che si perda nulla della tensione erotica, ma bisogna assegnare il giusto posto a ogni cosa, il posto pertinente, il posto nell'ordine generale. Inoltre, credo che in futuro saranno più importanti e più innovativi quegli uomini che hanno in sé una buona parte di femminilità - e che però in questo sono veri uomini - come lui e come Rilke, per esempio, uomini che - qui la mia capacità espressiva mi abbandona - sanno funzionare da segnavia per l'anima. E non quei tipi-”lui”, quei Führer e quegli eroi in uniforme. Non quelli che comunemente vengono chiamati “veri uomini”; ma forse il tipo che immagino io esiste solo nella fantasia delle donne.

    È proprio così, credo: un uomo deve raggiungere i propri sentimenti attraverso i nostri, i sentimenti delle donne.

    Tipico che una conversazione sia tanto difficile da rendere. Anche se l'avessi stenografata, il suo contenuto reale non sarebbe comunque racchiuso in quelle note. Una luna non si può stenografare, e neanche il viso di un cinquantacinquenne, che appare tanto giovane e animato alla luce di quella luna. E quello di cui abbiamo parlato appartiene alle domande estreme e più profonde riguardo a questa vita, alla relazione tra uomo e donna e tra essere umano ed essere umano. Ci vuole un'intera vita prima che si riescano a trovare le parole giuste per questi pensieri e sentimenti. Ma mi piacerebbe tanto riuscire qualche volta a fissare qualcosa di tutti i pensieri che ci scambiamo, per avere un piccolo, sia pur povero, appiglio per dopo, o anche solo per avere un sostegno e uno stimolo per i giorni a venire, che forse saranno più vuoti di quelli che vivo adesso. Lui ha detto che questo sembra essere l'ideale per molti: un uomo e una donna che sono esclusivamente l'uno per l'altra, che, nell'amore, si lasciano totalmente assorbire dall'altro. Noi, invece, pensiamo che sia soltanto una limitazione. Così non arriva più alcuno apporto da fuori; ci si nutre a vicenda e questo, a lungo andare, porta comunque a un impoverimento. Se l'amore per tutte le persone non viene coinvolto, in una maniera o nell'altra, alla lunga il rapporto conduce a impoverimento e limitazione. E noi viviamo questa situazione, davvero. Il pensiero di Hertha non mi disturba più. Lei è spesso insieme a noi ora. Durante una delle ultime piccole crisi, lui ha detto: Non le farò più leggere le lettere della mia fidanzata, alla fine è anche di cattivo gusto.

    Lo sappiamo entrambi e lo viviamo entrambi, ma siamo un uomo e una donna, e i gesti teneri fra noi sono un dono supplementare che scende come la manna dal cielo in alcuni rari momenti.

    Ieri pomeriggio, mentre ero sdraiata sul divano in camera di Dicky e sapevo che in ogni istante S. poteva venire su per svegliarmi, mi sono sentita legata a lui come mai prima, al punto che volevo soltanto protendermi verso di lui. Il mio corpo ha perso tutto l'imbarazzo e la ritrosia che è solito mostrare nei confronti di uno sconosciuto - perché come uomo lui mi è comunque, nei suoi profondi recessi, ancora estraneo; avrei voluto poter respirare attraverso la sua bocca, e in quel momento avevo la sensazione di poter essere una cosa sola con lui. E desideravo soltanto che venisse su e che si sdraiasse piano piano accanto a me, e che un unico respiro attraversasse entrambi. Ma al tempo stesso sapevo che quello era il momento più bello, il momento in cui mi sentivo libera eppure così legata a lui. Sapevo che se fosse venuto su, tutto sarebbe di certo cambiato. “Sarebbe di certo cambiato”, sì, ma che importanza avrebbe, a lungo andare?

    E credo che sia per questo motivo che oggi io non ho paura, perché tutto quello che mi succede mi è così vicino, perché nasce - per quanto mostruose siano le dimensioni che esso prende a volte - dagli uomini ed è sempre da ricondurre a qualcosa di umano. È questa la ragione per cui molti eventi non mi spaventano, perché io continuo a pensare che originino dall'uomo, da ogni individuo, da me stessa, il che rende tutto comprensibile; quegli eventi non degenerano mai in misfatti isolati, totalmente avulsi dagli individui.

    Eppure, quando annoto queste esperienze, avverto ancora un certo imbarazzo, come se stessi descrivendo la più intima delle cose intime; avverto ancora maggior timidezza e pudore che se dovessi mettere nero su bianco la mia vita amorosa. Del resto, c'è qualcosa di più intimo della relazione tra gli uomini e Dio?

    E c'è davvero la sensazione di disporre appieno delle proprie forze, di una continua crescita delle energie e dell'amore, non solo per un uomo, per un insignificante uomo, ma realmente per tutti quelli con cui ci si trova a vivere.

    Un po' di tempo fa Leonie mi ha raccontato cosa aveva detto di S. una sua amica de L'Aia: È davvero un ladyman, uomo da donne, lo senti subito, appena ti tocca una mano, da lui emana un tale fluido...
    Che cosa significa: “un uomo da donne”? Anche questo mi pare un tale cliché. Credo che la maggior parte delle persone se ne farebbe un'idea distorta, e penserebbe più all'aspetto erotico e sessuale che ad altro. È un uomo da donne, è vero, ma nel senso che lui ha in sé qualcosa di femminile, probabilmente, qualcosa per cui le donne si recano da lui, come da Rilke, per rivelare i loro più profondi segreti. Può capire una donna proprio perché ha così tanto di femminile. In genere una donna rimane senza un rifugio per la sua anima, perché non può trovarlo presso gli uomini comuni. Negli uomini come lui, invece, l'“anima” trova un rifugio e una comprensione. In questo senso: un uomo da donne, certamente!

    Abbiamo avuto una conversazione sulle sue piccole avance erotiche nei confronti dell'irrequieta Leonie, nel cuore della notte e sotto il copriletto blu acceso, e sulla questione se la fedeltà tra uomo e donna sia un bene da perseguire pur essendo forse contrario all'innato “istinto da cacciatore” dell'uomo. In Han tutto è così inconsapevole. È un dato di fatto che l'uomo sia un cacciatore e non si dovrebbe andare contro natura, e poi non è neanche così importante. Bisogna riscoprire un uomo ogni volta da vicino, e ogni volta constatare con sorpresa come le priorità della vita siano per lui diverse che per noi donne; e noi donne forse roviniamo molte buone relazioni trattando come essenziali delle cose che per l'uomo non contano affatto.

    A volte, una donna vuole lasciare all'improvviso le vaste distese e veder tracciato uno stretto limite attorno a lei e a un uomo, desidera non avere altro che se stessa e l'uomo. Un po' di tutto questo è ancora dentro di me, ma non rappresenta più ciò che c'è.

    Non puoi neanche fissarti ossessivamente su quell'unico uomo, perdere il tuo senso di prospettiva mettendo quell'uomo, ingrandito a dismisura, al centro della tua esistenza.

    E perché non stare completamente, senza riserve, con un solo uomo? Lo si può realizzare solo nella forma di: “Sono tua moglie”? Deve sempre dipendere da questo? Quel vivere senza riserve con un solo uomo non può realizzarsi su un piano puramente umano? Resto forse ancorata a idee troppo tradizionali?

    Sono rimasta seduta a guardarlo molto tranquilla e controllata, molto vicina a lui e sapevo che un'ora come quella, in passato, sarebbe stata assolutamente insopportabile, e scoraggiante al di là di ogni immaginazione. Di solito ero genuinamente isterica e disperata; mi sarei sentita tradita e abbandonata, incapace di consolarmi del mio vuoto e della mia tristezza. E adesso invece stavo lì molto serena e composta, pensando tra me e me: non dovresti essere così ambiziosa, pensando di riuscire a ispirare un uomo in ogni minuto della sua vita. Devi accettare il fatto che puoi essere vuota e stanca, e voler solo andare via. Questo accade nelle relazioni migliori.

    Non bisogna mai rendere una persona, anche se molto cara, lo scopo della propria vita. Si tratta qui di fini e mezzi. Il fine è la vita stessa, in tutte le sue forme, e ogni uomo sta lì come mediatore tra noi e la vita. La vita dà in prestito agli uomini i gesti, i contenuti, le forme e in ogni uomo noi impariamo a conoscere la vita in una forma sempre diversa. Impariamo a conoscere le persone per conoscere meglio la vita, ma poi dobbiamo di nuovo lasciarle libere e restituirle alla vita, per quanto questo ci possa sembrare difficile. E in coloro che abbiamo più cari, attraverso loro forse impariamo meglio a conoscere la vita. O forse no? Il nostro amore non ostacola la nostra visione della vita? Sì, e proprio nel momento in cui l'amore fa di quelle persone amate il fine ultimo della vita.

    In un uomo è una specie di meccanismo, ha detto una delle ultime volte, in una donna è un processo. Per questo motivo la donna deve essere la guida e l'educatrice, in una relazione amorosa. In momenti come quello di ieri sera la mia bocca è pronta a una resa, ma il mio corpo non ancora: è davvero un processo. In un uomo è diverso, l'elemento sessuale non permea tutto l'essere, lo libera per un momento, e l'uomo poi lo dimentica di nuovo, tutto procede molto più velocemente. È più rapido nel prendere: a volte, prima ancora che se ne sia reso conto sul piano emotivo, il suo corpo ha già preso, seguendo proprie leggi meccaniche. Mentre per noi donne - parlando in termini generali - il momento della resa arriva solo alla fine di un lento processo, nel quale l'intera psiche gioca un ruolo pari a quello del corpo. Quindi non bisogna dare troppa importanza all'atto sessuale, all'essere presa da parte di un uomo. Per noi è un atto con il quale una relazione viene coronata e completata, nell'uomo è un momento che non viene organicamente inserito in un tutto. E l'amore nei nostri confronti non dobbiamo misurarlo troppo con il suo desiderio fisico per noi, che, a volte, obbedisce solo a leggi meccaniche; dobbiamo dunque cercare altrove i segni d'amore.
    Il suo corpo reagirà quasi automaticamente a ogni corpo femminile che si tenderà verso il suo; le cose sono diverse per lui. E qui sta, credo, una grande fonte di incomprensioni tra uomo e donna. Le donne prendono troppo sul serio un momento che per l'uomo non è affatto essenziale, o almeno non lo è per conoscere i suoi sentimenti.

    Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma ciò non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto allora verrà da sé: e “lavorare a se stessi” non è proprio una forma d'individualismo malaticcio. Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso - se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile.

    A quell'epoca io viaggerò freneticamente per il mondo, perché non sarò ancora integrata nel cosmo e per certi versi rimango pur sempre una donnetta limitata. E probabilmente tu dovrai percorrere una strada simile alla mia, perché quest'uomo è così impregnato d'eternità, che non potrà più cambiare molto.

    Sono contenta che ci sia qualcuno che preghi per te, in questo modo la tua vita è più protetta, né io sarei in grado di farlo, per ora. Io non sono veramente grande, tranne che forse in qualche raro momento illuminato, ma per il resto sono carica di tutti i vizi che appesantiscono il cammino dell'uomo nel suo viaggio verso il cielo.

    La sofferenza non è al di sotto della dignità umana. Cioè: si può soffrire in modo degno, o indegno dell'uomo.

    Non ci sono confini tra gli uomini sofferenti, si patisce sempre da una parte e dall'altra e si deve pregare per tutti.

    L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirTi dai cuori devastati di altri uomini.

    Sono riconoscente di non provare nessun odio o amarezza, ma di avere una così gran calma che non è rassegnazione, bensì una sorta di comprensione per questo tempo, per quanto strano ciò possa sembrare! Si deve poter capire questo tempo se si capiscono gli uomini, è infatti opera nostra. Il presente è quello che è e come tale bisogna riuscire a capirlo, malgrado lo sconcerto che si prova ogni tanto.

    Ogni giorno imparo qualcosa sugli uomini e mi rendo sempre più conto che non si può trovare aiuto negli altri, che dobbiamo sempre più contare sulle nostre forze interiori.

    Amo così tanto gli altri perché amo in ognuno un pezzetto di Te, mio Dio. Ti cerco in tutti gli uomini e spesso trovo in loro qualcosa di Te. E cerco di disseppellirTi dal loro cuore, mio Dio. Ma ora avrò bisogno di molta pazienza e riflessione e sarà molto difficile. E dovrò far tutto da sola. La parte migliore e più nobile del mio amico, dell'uomo che Ti ha risvegliato in me, è già presso di Te.

    Perché non mi hai fatto poeta, mio Dio? Ma sì, mi hai fatto poeta, aspetterò pazientemente che maturino le parole della mia doverosa testimonianza: cioè che vivere nel Tuo mondo è una cosa bella e buona, malgrado tutto quel che ci facciamo reciprocamente noi uomini.

    In te c'erano tutto il male e tutto il bene che possono esserci in un uomo. I demoni, le passioni, la bontà e l'amore per gli uomini, tutto era in te, che sapevi tanto capire, che sapevi cercare e trovare Dio. Hai cercato Dio dappertutto, in ogni cuore umano che ti si è aperto - quanti ce ne sono stati -, e dappertutto hai trovato un pezzetto di lui. Non hai mai rinunciato a questo, potevi essere così impaziente nelle cose piccole, ma in quelle grandi eri così paziente, così infinitamente paziente.

    Molti uomini sono ancora geroglifici per me, ma pian piano imparo a decifrarli. È la cosa più bella che conosca: leggere la vita dagli uomini.

    Cammino accanto agli uomini come se fossero piantagioni e osservo quant'è cresciuta la pianta dell'umanità.

    Credo di vedere sempre meglio gli abissi che inghiottono le forze creative e la gioia di vivere dell'uomo. Sono buche che ingoiano tutto e queste buche sono nella nostra stessa anima. A ciascun giorno basta la sua pena. Inoltre: l'uomo soffre soprattutto per la paura del dolore. Ed è la materia, è sempre la materia che attira tutto lo spirito a sé e non viceversa. “Vivi troppo con lo spirito”. Perché, Osias? Perché non ho abbandonato immediatamente il mio corpo alle tue mani desiderose? L'uomo è una strana creatura. Quanto vorrei scrivere. Da qualche parte in me c'è un'officina in cui dei titani riforgiano il mondo.

    In futuro voglio visitarli tutti, uno per uno, gli uomini che a migliaia sono finiti in quel pezzo di brughiera, passando per le mie mani. E se non li troverò, troverò le loro tombe. Non potrò più rimanere tranquillamente seduta alla mia scrivania. Voglio andare per il mondo, vedere coi miei occhi e sentire con le mie orecchie com'è andata a tutti coloro che abbiamo fatto partire.

    Pensa Tu alla mia pace, mio Dio, dovunque mi troverò. Potrebbe essere che non la sento più perché sto per compiere dei passi sbagliati? Forse - non so. Sono una persona così socievole, mio Dio, non ho mai saputo quanto. Voglio stare fra gli uomini, fra le loro paure, voglio vedere tutto da me e capirlo e raccontarlo più tardi.

    E alla fine di ogni giornata mi dicevo sempre: voglio tanto bene agli uomini. Non provavo mai amarezza per quel che veniva fatto loro, sempre invece amore per come degli uomini fossero capaci di sopportare il dolore, ne fossero capaci per impreparati che fossero, dentro di sé.

    In me scorrono i larghi fiumi e s'innalzano le grandi montagne. Dietro gli arbusti della mia irrequietezza e dei miei smarrimenti si stendono le vaste pianure della mia calma, e del mio abbandono. Tutti i paesaggi sono in me, ho tanto posto ora, in me c'è la terra e c'è anche il cielo. Capisco benissimo che gli uomini abbiano potuto inventare qualcosa come l'inferno. Il mio inferno non lo vivrò mai più - l'ho già sperimentato una volta ed è bastato per una vita intera -, ma posso vivere molto intensamente quello degli altri. Così dev'essere, del resto, altrimenti potrei diventare troppo autosufficiente.

    Quando soffro per gli uomini indifesi, non soffro forse per il lato indifeso di me stessa?
    Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l'ho distribuito agli uomini. Perché no? Erano così affamati, e da tanto tempo.
    Lui era il potente tronco attorno al quale le nostre vite femminili si arrampicavano.

     

    DONNA

     

    E così volevo averlo, in un modo o nell'altro: provavo odio o gelosia per tutte le donne di cui mi aveva raccontato e forse mi chiedevo, sia pur inconsciamente, se sarebbe rimasto qualcosa per me e me lo sentivo sfuggire. Erano sentimenti piuttosto meschini, non certo elevati, ma me ne rendo conto soltanto ora.

    Lui può avere tutte le donne che vuole, e sono fiera del fatto di non essere lì a disposizione, e nel profondo del mio cuore sento che, alla fine, lui mi trova più attraente forse anche per questo. Dovrò eliminare pure questi pensieri impuri, se voglio avere il diritto di definirmi un vero essere umano. Non appena tali pensieri vaghi diverranno pienamente consapevoli, saranno anche del tutto sradicati.

    Se io fossi una donna veramente adulta e grande, troncherei ogni rapporto fisico con lui, visto che questo mi rende solo molto infelice. Ma non mi risolvo a rinunciare alle esperienze che potrei ancora avere con lui. Probabilmente ho anche paura di ferire il suo orgoglio virile - deve pur averlo da qualche parte.

    Alle volte mi irrita vedere tutte quelle donne attorno a lui, in attesa di ricevere l'una o l'altra parola saggia del Maestro o una carezza del suo grande artiglio. Forse anche questa è solo gelosia: voglio avere una persona, almeno un uomo, soltanto per me. Del resto succede solo nei miei momenti peggiori, in quelli più negativi. In realtà devo ammettere che lui si occupa di tutte queste donne in maniera impeccabile, e che l'atmosfera è incontaminata e amichevole.

    La sorgente di ogni cosa ha da essere la vita stessa, mai un'altra persona. Molti, invece - soprattutto donne - attingono le proprie forze da altri: è l'uomo la loro sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e innaturale.

    S. è un uomo maturo di 55 anni, che ha raggiunto questo stadio di amore per tutti gli uomini dopo aver amato molte persone singole, nel corso della sua lunga vita. Io sono una donnetta di 27 anni: anch'io mi porto dentro questo grande amore per tutta l'umanità, eppure mi domando se non continuerò a cercare il mio unico uomo. E mi domando fino a che punto questo sia un limite della donna: fino a che punto cioè si tratti di una tradizione di secoli, da cui la donna si debba affrancare, oppure di una qualità talmente essenziale che una donna farebbe violenza a se stessa se desse il proprio amore a tutta l'umanità invece che a un unico uomo (non sono ancora in grado di concepire una sintesi). Forse, la mancanza di donne importanti nel campo della scienza e dell'arte si spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a cui trasmette poi tutta la propria conoscenza, calore, amore, capacità creativa. La donna cerca l'uomo e non l'umanità.

    Non è proprio così semplice, questa questione femminile. A volte, quando vedo per strada una donna bella e ben curata, assolutamente femminile e magari un po' stupida, sono capace di perdere la testa: allora il mio cervello, le mie lotte e sofferenze mi diventano un peso, li sento come qualcosa di brutto e di non femminile e vorrei essere solo bella e stupida, una specie di giocattolo desiderato da un uomo. È tipico che io voglia essere sempre desiderata dall'uomo, che la nostra femminilità sia sempre la suprema conferma del nostro essere, mentre si tratta di una dinamica oltremodo primitiva. I sentimenti di amicizia, stima, amore per noi donne in quanto persone sono tutte belle cose - ma in fin dei conti, non vogliamo forse che l'uomo ci desideri come donne? Non riesco quasi a esprimermi, è una questione infinitamente complicata ma è essenziale che ne venga a capo.

    Forse la vera, la sostanziale emancipazione femminile deve ancora cominciare. Non siamo ancora diventate vere persone, siamo donnicciole. Siamo legate e costrette da tradizioni secolari. Dobbiamo ancora nascere come persone, la donna ha questo grande compito davanti a sé.

    Ma la carezza è impersonale, ovviamente: lui accarezza l'essere umano, non la donna; l'artiglio si protende verso la persona, ma non verso la donna. La donna, però, vuole essere accarezzata come una donna, e non come un essere umano.
    Non c'è niente da fare, dovrò risolvere i miei problemi. Ho sempre la sensazione che, se riuscirò a risolverli per me stessa, li avrò risolti anche per migliaia di altre donne. Ragion per cui mi tocca auseinandersetzen, “occuparmi a fondo di ogni cosa”. Ma la vita è di certo molto complicata, in special modo quando non si riescono a trovare le parole.

    Non devo cercare di possederlo. È vero che la donna cerca la concretezza del corpo e non l'astrattezza dello spirito. Per la donna il centro di gravità è l'uomo singolo, per l'uomo è il mondo: chissà se la donna è in grado di spostare questo centro senza violare se stessa, senza far violenza alla propria natura? Questo, e molti altri interrogativi sono stati sollevati dalla sua lettera, che era molto stimolante per me.

    È come se oggi, stasera per la precisione, riconoscessi intimamente per la prima volta il mio rapporto con lui, come se solo adesso ingaggiassi battaglia con lui o, meglio, con me stessa. Etty, comportati da persona “adulta” e fai un po' di chiarezza, per te e forse per molte altre donne.

    “Una donna vede l'uomo sempre come fine, mai come mezzo, e invece gli esseri umani dovrebbero essere l'uno per l'altro semplici mezzi, così da potersi innalzare nel reciproco confronto a un più alto grado di libertà. Questo sarebbe magari un compito per la donna. Ma, al riguardo, non riesco ancora a esprimermi con sufficiente chiarezza.
    “Il baricentro della donna si colloca nell'uomo, nella casa, nei figli, dunque in ciò che ha sostanza, che è tangibile, come dicevi tu. E il baricentro dell'uomo si trova nel lavoro, nel mondo, nel cosmo. Ma può la donna spostare il proprio baricentro, senza far violenza a se stessa nel più profondo del suo essere? Potrebbe essere questo un compito per la donna? Un compito per me? E per me queste adesso non sono più semplici domande teoriche, ma in qualche misura già carne e sangue”.

    S. ha appena chiamato e io mi sento di nuovo un po' fuori equilibrio e in antagonismo. Mi ha detto di aver ricevuto una “bella lettera” dalla sua fidanzata. Se fossi una cristiana decente, dovrei rallegrarmene. Ma io sono più donna che cristiana, e per giunta donna nel senso più ristretto e sciocco del termine. Se lui parla della sua Freundin, avverto una fitta al cuore e mi sento inibita nei suoi confronti, eppure non voglio proprio niente da lui. Quell'uomo riesce ancora a risvegliare in me le emozioni più ambivalenti.

    Già, quel venerdì sera, devo proprio descriverlo. È una sorta di enigma per me. La differenza tra uomo e donna si è manifestata davanti ai miei occhi, per così dire, e ho fatto la mia parte. Ho la sensazione che quella sera sia stata molto importante, mi sembra di aver avuto in mano la chiave dei molteplici segreti della vita. Se riuscissi a elevarmi al suo livello di amore umano, onnicomprensivo, e a liberarmi dalla gelosia, dal sospetto, dalle piccole incertezze e paure, e da quanto ci impedisce di vivere con tutta la nostra forza e il nostro amore, come sarebbe bello! È a questo che bisogna puntare. Perciò non devo fuggire da lui, ma sforzarmi di chiarire le cose con lui, quel vecchio diavolo.

    Se non mi do da fare, tra qualche anno sarò forse una donna irrequieta, ansiosa e con un grande desiderio di queste parole: “riposare in se stessi”, ma senza la minima idea di come si raggiunge tale condizione.

    Eh, sì, noi donne, noi stupide, idiote, illogiche donne, noi cerchiamo il Paradiso e l'Assoluto. E col mio cervello, col mio eccellente cervello, io so bene che l'assoluto non esiste, che ogni cosa è relativa e infinitamente sfumata e in perpetuo movimento, e proprio per questo è così interessante e seducente ma anche così dolorosa. Noi donne vogliamo eternarci nell'uomo. Io voglio che lui mi dica: tesoro, tu sei l'unica per me e ti amerò in eterno. Ma questa è una favola. E fintanto che non me lo dice, tutto il resto non ha senso e non esiste. E il buffo è che non lo voglio affatto - non vorrei aver S. come eterno e unico uomo -, però pretendo il contrario da lui. Forse pretendo un amore assoluto proprio perché io non ne sono capace?
    ...
    A dire il vero, penso che lui dovrebbe essere pazzamente geloso all'idea che un giorno possa entrare un grande amore nella mia vita. Ecco di nuovo quella pretesa di assoluto: lui deve amarmi in eterno e come unica donna.
    ...
    Ieri mi ha detto, tra l'altro, qualcosa del genere: Non vizio più, come un tempo, le donne con parole d'amore, perché ho imparato che, se lo faccio, loro si “attaccano” troppo a quelle parole e le prendono in maniera assoluta. In passato non avevo uno spiccato senso di responsabilità, così legavo a me le donne eccessivamente. Poi mi ha chiesto se lo trovassi giusto e d'un tratto gli ho urlato: No!

    Esiste una questione femminile, c'è davvero una complessa questione femminile: abbiamo dato inizio a un'epoca pesante, noi donne in apparenza emancipate, e sono curiosa di vedere dove ci porterà questa strada. Oltre a essere curiosa, quasi scientificamente fredda e oggettiva, il problema lo avverto anche, allo stesso tempo, in maniera soggettiva, assolutamente non fredda e non scientifica, anzi piena di sofferenza e lotta. Non riesco a separare le due cose in me.

    Ieri sera ho chiesto a Han, a letto: credi che una persona come me dovrebbe sposarsi? Sono una vera donna, io? Il sesso non è poi così importante per me, anche se può sembrare il contrario. Lasciare che gli uomini si avvicinino attratti da quell'impressione e poi non essere in grado di soddisfarli, non è forse un inganno? Io non sono il prototipo della donna, perlomeno non sessualmente. Non sono più una vera “femmina” e a volte ne provo un senso d'inferiorità. Quel che ho di veramente fisico è per molti versi incrinato e indebolito da un processo di spiritualizzazione. E quasi me ne vergogno, a volte. Le cose veramente primordiali in me sono i sentimenti umani, una sorta di amore e di compassione elementari che provo per le persone, per tutte le persone. Non credo di essere adatta a un uomo solo.

    I miei sentimenti in quanto essere umano sono più forti e molto più primigeni rispetto ai miei sentimenti in quanto donna. Ma sarà una dura lotta prendere distanza da me stessa come donna, se questa sarà la mia strada.

    La nascita di un'autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo: è la presa di coscienza che per te non esiste alcun aiuto o appoggio o rifugio presso gli altri, mai. Che gli altri sono altrettanto insicuri, deboli e indifesi. Che tu dovrai esser sempre la persona più forte. Non credo che tu sia il tipo da trovare queste cose in un altro. Sei sempre e daccapo rimandata a te stessa. Non c'è nient'altro, il resto è finzione. Ma doverlo riconoscere, ogni volta! Soprattutto come donna. Hai pur sempre un gran desiderio di perderti in un altro. Ma anche questa è una favola, seppur bella. Due vite non possono combaciare. Perlomeno non per me. Può succedere in alcuni momenti: ma quei momenti giustificano una vita in comune, possono tenerla insieme? Però è un sentimento forte anche quello, talora felice. Sola, Dio mio. È dura. Perché il mondo è inospitale.

    Amo così tanto le mie notti solitarie, ma non si può sempre pensare a se stessi. È un bene protendersi talvolta verso i propri simili che hanno bisogno, anche di notte. Mi sono parecchio spaventata quando, di recente, Han durante la notte ha detto: Già, ultimamente mi sono sentito molto solo. E nel mio concedermi come donna si è insinuato un notevole elemento di umanità.

    Ma cosa dirò a quelle donne che provano un grande desiderio e che non riescono a trovare accoglienza per quel desiderio? Che non possono trovare quell'unico giusto amante e che perciò sono costrette a frammentare il loro desiderio in molti pezzi e a denigrarlo? Donne che - e improvvisamente mi vengono in mente le parole di alcuni anni fa di quel severo semiuomo di Phia Veling - devono fare del loro capitale moneta corrente? Povere donne, dopo questa guerra, con i loro uomini sterminati.

    Già, giovane donna, tu con le tue grandi parole sulla sofferenza. Adesso si abbatte su di te sotto un'altra forma, e anche questo va accettato. Fa un male terribile. Ma devi imparare bene a distinguere tra il sentirsi rifiutata come donna e il provare un desiderio vero e grande; tra un attacco di semplice isteria primaverile, che potrebbe essere sfogata su chiunque, e un sentimento che si rivolge a quest'uomo e a nessun altro. Improvvisamente penso di essere ancora tanto piccola, giovane e infantile.

    Gli ho anche raccontato che era terribilmente difficile essere una donna “adulta” e lui: Non bisogna avere una simile pretesa, bisogna vivere sino in fondo le proprie imperfezioni.

    a dove ho lasciato, nel nome di Dio, quelle "Lettere a un giovane poeta"? Ieri sera tardi, nella stanza da bagno - i miei momenti più cruciali li vivo ancora, in ogni caso, nel bagno - ho provato una forte sintonia, davvero intensa, con uno dei passaggi di quel libro. Là Rilke racconta come verrà un tempo in cui uomo e donna non saranno più contrapposti l'uno all'altra ma l'uno accanto all'altra per sopportare insieme il pesante fardello della sessualità.

    Durante il nostro colloquio, con me seduta di fronte a lui, nel mio ruolo di competente analista, è venuto fuori questo argomento, tra le altre cose:
    La donna russa può essere una figura-anima. E io gli ho chiesto: La donna russa rappresenta per lei un particolare tipo di donna? Lui: Sì, in generale trovo i russi molto più dotati di fantasia, più aperti e anche più demoniaci. Io: Ha pensato anche a me? Lui: Sì, per me lei ha molto più della russa che non dell'olandese.

    E mentre io ero affascinata dal suo essere-uomo, c'era anche, al tempo stesso, la sensazione di non dover flirtare con gli uomini, di non dover cercare negli uomini solo la controparte, ma di doverli ammettere anche al nostro regno interiore. Noi donne abbiamo un grosso compito da portare a termine con gli uomini - comincio lentamente a sospettarlo - e intravedo anche il percorso da seguire. Attraverso la nostra “anima”, voi arriverete alla vostra. Non voglio solo flirtare con te ed essere affascinata dalla tua virilità, forse in passato era questo l'essenziale tra i sessi; ma in realtà sono solo cose di minore importanza, anche se hanno un loro fascino, e quel fascino non va ignorato: è solo che ogni cosa ha un suo posto e un suo spazio. Ma l'altro lato, l'umanità, lì risiede il nostro compito. Io mi apro a voi e voi entrate.

    E ho anche trovato le parole giuste per dire che, a mio avviso, si tratta di un compito storico della donna per i tempi futuri: mostrare all'uomo la via verso la sua anima attraverso l'anima femminile. E in questo non c'è bisogno che si perda nulla della tensione erotica, ma bisogna assegnare il giusto posto a ogni cosa, il posto pertinente, il posto nell'ordine generale. Inoltre, credo che in futuro saranno più importanti e più innovativi quegli uomini che hanno in sé una buona parte di femminilità - e che però in questo sono veri uomini - come lui e come Rilke, per esempio, uomini che - qui la mia capacità espressiva mi abbandona - sanno funzionare da segnavia per l'anima. E non quei tipi-”lui”, quei Führer e quegli eroi in uniforme. Non quelli che comunemente vengono chiamati “veri uomini”; ma forse il tipo che immagino io esiste solo nella fantasia delle donne.

    È proprio così, credo: un uomo deve raggiungere i propri sentimenti attraverso i nostri, i sentimenti delle donne.

    Più tardi mi è venuto in mente a un tratto che, tutto sommato, quella era una meravigliosa cosa da dire. Sei carina da guardare. Di solito lo dice soltanto con sguardi e gesti carezzevoli delle sue buone mani, ma non riesce a esprimerlo a parole. E noi, sciocche donne, dipendiamo così tanto dalle parole.

    E quello di cui abbiamo parlato appartiene alle domande estreme e più profonde riguardo a questa vita, alla relazione tra uomo e donna e tra essere umano ed essere umano. Ci vuole un'intera vita prima che si riescano a trovare le parole giuste per questi pensieri e sentimenti. Ma mi piacerebbe tanto riuscire qualche volta a fissare qualcosa di tutti i pensieri che ci scambiamo, per avere un piccolo, sia pur povero, appiglio per dopo, o anche solo per avere un sostegno e uno stimolo per i giorni a venire, che forse saranno più vuoti di quelli che vivo adesso. Lui ha detto che questo sembra essere l'ideale per molti: un uomo e una donna che sono esclusivamente l'uno per l'altra, che, nell'amore, si lasciano totalmente assorbire dall'altro. Noi, invece, pensiamo che sia soltanto una limitazione.

    Un po' di tempo fa Leonie mi ha raccontato cosa aveva detto di S. una sua amica de L'Aia: È davvero un ladyman, uomo da donne, lo senti subito, appena ti tocca una mano, da lui emana un tale fluido...
    Che cosa significa: “un uomo da donne”? Anche questo mi pare un tale cliché. Credo che la maggior parte delle persone se ne farebbe un'idea distorta, e penserebbe più all'aspetto erotico e sessuale che ad altro. È un uomo da donne, è vero, ma nel senso che lui ha in sé qualcosa di femminile, probabilmente, qualcosa per cui le donne si recano da lui, come da Rilke, per rivelare i loro più profondi segreti. Può capire una donna proprio perché ha così tanto di femminile. In genere una donna rimane senza un rifugio per la sua anima, perché non può trovarlo presso gli uomini comuni. Negli uomini come lui, invece, l'“anima” trova un rifugio e una comprensione. In questo senso: un uomo da donne, certamente!

    Bisogna riscoprire un uomo ogni volta da vicino, e ogni volta constatare con sorpresa come le priorità della vita siano per lui diverse che per noi donne; e noi donne forse roviniamo molte buone relazioni trattando come essenziali delle cose che per l'uomo non contano affatto.

    A volte, una donna vuole lasciare all'improvviso le vaste distese e veder tracciato uno stretto limite attorno a lei e a un uomo, desidera non avere altro che se stessa e l'uomo. Un po' di tutto questo è ancora dentro di me, ma non rappresenta più ciò che c'è.

    Perché la mia passione di giovane donna deve sempre suscitare i suoi giorni e le sue notti di astinenza? E quante immagini erronee trasformano di nuovo la vita in un labirinto? Del resto, non lo amo forse più come maestro che come amante? E sono capace di accorgermi che il secondo aspetto non è essenziale in uno come lui? La mia sensazione che la nostra relazione sia imperfetta e mutila non nasce da una sorta di immagine tradizionale, per cui la più alta realizzazione dell'unione tra un uomo e una donna è la condivisione del letto?

    In un uomo è una specie di meccanismo, ha detto una delle ultime volte, in una donna è un processo. Per questo motivo la donna deve essere la guida e l'educatrice, in una relazione amorosa. In momenti come quello di ieri sera la mia bocca è pronta a una resa, ma il mio corpo non ancora: è davvero un processo. In un uomo è diverso, l'elemento sessuale non permea tutto l'essere, lo libera per un momento, e l'uomo poi lo dimentica di nuovo, tutto procede molto più velocemente. È più rapido nel prendere: a volte, prima ancora che se ne sia reso conto sul piano emotivo, il suo corpo ha già preso, seguendo proprie leggi meccaniche. Mentre per noi donne - parlando in termini generali - il momento della resa arriva solo alla fine di un lento processo, nel quale l'intera psiche gioca un ruolo pari a quello del corpo. Quindi non bisogna dare troppa importanza all'atto sessuale, all'essere presa da parte di un uomo. Per noi è un atto con il quale una relazione viene coronata e completata, nell'uomo è un momento che non viene organicamente inserito in un tutto. E l'amore nei nostri confronti non dobbiamo misurarlo troppo con il suo desiderio fisico per noi, che, a volte, obbedisce solo a leggi meccaniche; dobbiamo dunque cercare altrove i segni d'amore.
    Se e quanto spesso il suo corpo desidera il nostro non deve essere la misura che determina il nostro senso di autostima femminile
    Il suo corpo reagirà quasi automaticamente a ogni corpo femminile che si tenderà verso il suo; le cose sono diverse per lui. E qui sta, credo, una grande fonte di incomprensioni tra uomo e donna. Le donne prendono troppo sul serio un momento che per l'uomo non è affatto essenziale, o almeno non lo è per conoscere i suoi sentimenti.

    Che senso ha la nostra relazione adesso, se ho la sensazione che tutto poi dovrà finire? Sono ancora così inadeguata quando si tratta di affrontare il cosmo, quel mondo esterno che per le donne risulta ancora di difficile accesso? Il tempo lo deciderà.

    Ah, già, abbiamo parlato ancora un po' di quei momenti di gelosia: residui arcaici che si ergono dentro di te e devono essere spazzati via. Noi tutti siamo gravati dal peso di una tradizione potente, con un complesso di idee rigide su come tutto dovrebbe andare, se si vuole una perfetta felicità tra un uomo e una donna. Eppure ognuno di noi deve rompere quella tradizione e liberarsi dai cliché, per consentire alla relazione di svilupparsi secondo proprie leggi. Ogni relazione personale dovrebbe seguire leggi dettate dalle possibilità del caso. È così che dovrebbe andare. E gli istinti di possessività e i cliché sulla “fedeltà”, che andrebbero prima saggiati in merito alla loro efficacia, sono tanti fattori atavici che bisogna sradicare dentro di sé. E si deve demolire il vecchio tempo per poter cominciare una nuova èra.

    La realtà è che in molti luoghi di questa terra ci sono uomini e donne che non possono stare insieme. Gli uomini sono al fronte. I campi. Le prigioni. Le separazioni. Questa è la realtà che si deve affrontare. E ci si dovrebbe allora rinchiudere nei desideri inutili, e commettere il peccato di Onan? Perché non si potrebbe trasformare quell'amore che non si può scaricare sull'uno o sull'altro sesso in una forza che torni a profitto della comunità degli uomini, e che forse si potrebbe anche chiamare amore? E se ci si adopera in questo senso, non si poggia proprio sul terreno della realtà? Una realtà meno tangibile di un uomo e una donna in un letto: ma non esistono forse altri tipi di realtà?

     

     

     


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