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    Etty Hillesum - Citazioni a tema

    UMANITÀ



    J.(ung)
    “Gli uomini sono in gran parte livellati, mancano di originalità, di creatività, appaiono noiosi, poco interessanti, quasi non fossero più degni di chiamarsi "uomini". Ma basterebbe l'esistenza di un solo "essere umano" degno di questo nome, per poter credere negli uomini, nell'umanità”.

    Ma è solo teoria, che se non altro serve a preservare ancora un po' di umanità grazie a qualche parola gentile.

    Per formularlo ora in modo molto crudo - il che farà probabilmente male alla mia penna stilografica: se un uomo delle SS dovesse prendermi a calci fino alla morte, io alzerei ancora gli occhi per guardarlo in viso, e mi chiederei, con un'espressione di sbalordimento misto a paura, e per puro interesse nei confronti dell'umanità: Mio Dio, ragazzo, che cosa mai ti è capitato nella vita di tanto terribile da spingerti a simili azioni?

    Nessuna compassione o indignazione, ma un'eccezionale gentilezza e una grande umanità si sprigionavano da quell'esiguo gruppo di persone con la loro aria impiegatizia.

    È una così triste orda, l'umanità oggi: tanto poco felice di vivere, nel vero senso della parola, e tanto poco radiosa. Un cumulo di piccoli complessi e preoccupazioni triviali, basse invidie, matrimoni infelici e figli malriusciti, ecc. Eppure, anche se abiti in un sottotetto e mangi solo pane secco, vale comunque la pena di vivere.

    Ieri, per un momento, ho pensato che non avrei potuto continuare a vivere, che avevo bisogno d'aiuto. La vita e il dolore avevano perso il loro significato, avevo la sensazione di “sfasciarmi” sotto un peso enorme, ma anche questa volta ho combattuto una battaglia che poi all'improvviso mi ha permesso di andare avanti, con maggior forza. Ho provato a guardare in faccia il “dolore” dell'umanità, coraggiosamente e onestamente, ho affrontato questo dolore o piuttosto lo ha fatto qualcosa in me stessa, molti interrogativi disperati hanno trovato risposta, l'assurdità completa ha ceduto il posto a un po' più d'ordine e di coerenza: ora posso andare avanti di nuovo. È stata un'altra breve ma violenta battaglia, ne sono uscita con un pezzetto di maturità in più.
    Ho scritto che mi sono confrontata col “dolore dell'Umanità” (questi paroloni mi fanno ancora paura) ma non è del tutto esatto. Mi sento piuttosto come un piccolo campo di battaglia su cui si combattono i problemi, o almeno alcuni problemi del nostro tempo. L'unica cosa che si può fare è offrirsi umilmente come campo di battaglia. Quei problemi devono pur trovare ospitalità da qualche parte, trovare un luogo in cui possano combattere e placarsi, e noi, poveri piccoli uomini, noi dobbiamo aprir loro il nostro spazio interiore, senza sfuggire. Forse, su questo punto, io sono davvero molto ospitale, a volte sono come un campo di battaglia insanguinato e poi lo pago con un gran sfinimento e con un forte mal di capo. Ma ora sono semplicemente me stessa: Etty Hillesum, una laboriosa studentessa in una camera ospitale con dei libri e con un vaso di margherite. Scorro di nuovo nel mio stretto alveo e il contatto con “Umanità”, “Storia Universale” e “Dolore” s'è interrotto un'altra volta. Così dev'essere, del resto, altrimenti una persona impazzirebbe. Non ci si può sempre perdere nei grandi problemi, non si può essere sempre come un campo di battaglia; dobbiamo poter recuperare i nostri stretti confini e continuare dentro di essi - scrupolosamente e coscienziosamente - la nostra vita limitata, mentre quei momenti di contatto quasi “impersonale” con tutta l'umanità ci rendono ogni volta più maturi e profondi. Forse, in futuro, saprò esprimermi meglio, o farò dire queste cose a un personaggio di una novella o di un romanzo, ma sarà solo fra molto tempo.

    S. è un uomo maturo di 55 anni, che ha raggiunto questo stadio di amore per tutti gli uomini dopo aver amato molte persone singole, nel corso della sua lunga vita. Io sono una donnetta di 27 anni: anch'io mi porto dentro questo grande amore per tutta l'umanità, eppure mi domando se non continuerò a cercare il mio unico uomo. E mi domando fino a che punto questo sia un limite della donna: fino a che punto cioè si tratti di una tradizione di secoli, da cui la donna si debba affrancare, oppure di una qualità talmente essenziale che una donna farebbe violenza a se stessa se desse il proprio amore a tutta l'umanità invece che a un unico uomo (non sono ancora in grado di concepire una sintesi). Forse, la mancanza di donne importanti nel campo della scienza e dell'arte si spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a cui trasmette poi tutta la propria conoscenza, calore, amore, capacità creativa. La donna cerca l'uomo e non l'umanità.

    Da anni assorbo ogni cosa, e tutto va a finire all'interno, in una grande cisterna, ma dovrà uscirne o avrò la sensazione di aver vissuto invano, di aver soltanto derubato l'umanità, senza dare nulla in cambio. A volte ho la sensazione di essere un parassita, e questo mi deprime e mi induce a mettere in discussione l'utilità della mia esistenza. Forse lo scopo della mia vita è di scendere a patti con me stessa, sì, di scendere opportunamente a patti con tutto ciò che mi infastidisce e mi tormenta, con tutto quello che esige da me una soluzione e una formulazione. Perché questi non sono solo problemi miei, ma anche di tanti altri.

    Quel pomeriggio nella brughiera. Lui con la sua bella testa che guardava lontano, io che gli chiesi: A cosa sta pensando adesso? E lui: Ai demòni che tormentano l'umanità

    Da una parte, ho paura di prendermi troppo sul serio per quanto riguarda tutti i miei umori, ma dall'altra temo di sottovalutare il tutto: la giusta misura del proprio valore; il centro manca ancora. Quando mi sento misera, è come se sentissi in me tutte le miserie dell'umanità. In che misura questo è Weltschmerz, “dolore universale” abusivo?

    Ma poi ho anche la sensazione che tutte le domande del nostro secolo in particolare, e dell'umanità in genere, debbano trovare una risposta nella mia piccola testa. E questo è un atteggiamento attivo.

    Ora vorrei a ogni costo spezzare o demolire qualcosa in me, qualcosa che mi impedisce di respirare liberamente e felicemente. Ma non lo si ottiene con la forza. Sono in gioco una miriade di piccole cose sottili; a volte sento che solo quando conoscerò me stessa interamente, potrò conoscere l'intera umanità. Devo vivere ogni cosa da sola, attraverso me stessa, e capisco fin troppo bene perché a volte ho un tale bisogno di dormire, dormire per ore e ore, assentarmi. Tanto poi torni sempre, ragazza mia.

    Se non si riesce a superare la propria irritazione nei confronti di simili situazioni, si rimane sempre in uno stadio primitivo; possiamo contribuire alla costruzione dei progressi dell'umanità solo quando iniziamo a sconfiggere i resti primitivi in noi stessi.

    In fondo, io non ho paura. Non per una forma di temerarietà, ma perché sono cosciente del fatto che ho sempre a che fare con degli esseri umani, e che cercherò di capire ogni espressione, di chiunque sia e fin dove mi sarà possibile. E il fatto storico di quella mattina non era che un infelice ragazzo della Gestapo si mettesse a urlare contro di me, ma che francamente io non ne provassi sdegno - anzi, che mi facesse pena, tanto che avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Aveva un'aria così tormentata e assillata, del resto anche molto sgradevole e molle. Avrei voluto cominciare subito a curarlo, ben sapendo che questi ragazzi sono da compiangere fintanto che non sono in grado di fare del male, ma che diventano pericolosissimi se sono lasciati liberi di avventarsi sull'umanità. È solo il sistema usato da questo tipo di persone a essere criminale. E quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell'uomo, non l'uomo stesso.

    Dio, nel Tuo mondo si soffre molto e in maniera atroce; a volte lo avverto, almeno in parte, sulla mia stessa pelle. E anche per questo sono prima di tutto grata che una lontana eco risuoni anche in me e che io possa in questo modo capire e sentire l'umanità sempre meglio.

    Dolce ochetta - io, idiota, io davvero oca. Io, con il mio amore per l'umanità che trovo più importante della relazione tra i sessi. Ci sono così tante cose che ci uniscono, tanta tenerezza inespressa, tanta comprensione e vita, eppure salto di gioia improvvisamente per due paroline sciocche e ne sono così felice: dolce oca.

    E non era neanche vanità in questo caso, ma forse un senso di esaltazione al pensiero che ogni sorta di umanità si apra a me, che nessuna persona mi sia più estranea, al pensiero di riuscire a trovare la via d'accesso ai tipi più disparati di umanità. E, in ultima analisi, non si tratta proprio di vanità, ma di soddisfazione per tutte quelle diverse sorte di umanità, sempre più paesaggi, inaspettati e mai sospettati, fatti di volti e gioia perché riesco sempre a trovare la via d'accesso in tutte quelle persone diverse.

    A volte la forza fisica non è sufficiente per fronteggiare e sopportare la piena dei sentimenti e dei buoni propositi, e questo è il peggio che possa capitare. Devo ancora educare un po' me stessa a non opporre un'impotente resistenza a questo evento, cercando di forzare le cose a ogni costo, per esempio, volendo di colpo addentrarmi in un libro molto impegnativo. Adesso devo costringermi a lasciar andare tutto e avere il coraggio di restare sola con la mia debolezza, di essere giusto quel grumo di umanità stanca e non proprio ispirata che sono al momento, e niente più. Buona notte.

    Ma, dopo tutto quello che si è mosso in me negli ultimi giorni, credo che sarebbe davvero un sacrificio andare con lui in chissà quale posto, per sostenerlo. Per come mi sento ora, non andrei né per me stessa né per un senso di comunanza di destino, ma per una passione quasi oggettiva, se così si può dire, per fare del mio meglio al fine di salvare e preservare per l'umanità il materiale prezioso di cui lui è costituito. Dentro di me stanno di nuovo avvenendo ogni sorta di cose, non so ancora se si tratti d'impulsi estemporanei o di frutti davvero maturi, l'esito di lenti, sotterranei processi. Studiare la grammatica e fare esercizi di traduzione è una mia passione.

    E, tuttavia, ho bisogno di giustificare il mio modo agli altri, e probabilmente suona molto pretestuoso quando dico che mi sento chiamata a spiegare i miei processi interiori all'umanità. Non a un singolo individuo in un colloquio privato ma all'intera umanità, sì, a tutta l'umanità, nella forma di un capolavoro o qualcosa del genere.

    Mi è venuto d'un tratto in mente che le cose stanno realmente così. Infatti non ho probabilmente il talento per scrivere; ho solo il talento, se così lo si può chiamare, di fare esperienza di tutto quello che in questa nostra vita umana è possibile vivere e sentire e subire, e non solo a mio modo, ma anche come molti altri. I vizi più grandi non mi sono sconosciuti, ma conosco anche la più grande fiducia in Dio e lo spirito di sacrificio e l'amore per l'umanità. E faccio esperienza di tutto, corpo e anima, attraverso il sangue e l'oscurità, in ogni angolo del mio essere.

    Cammino accanto agli uomini come se fossero piantagioni e osservo quant'è cresciuta la pianta dell'umanità.

    Potremo condividere tante cose quest'inverno: se sapremo aiutarci reciprocamente a sopportare il freddo, il buio, la fame. E se capiremo che ci toccherà sopportare tutto ciò insieme con l'umanità intera, anche coi nostri cosiddetti nemici; e se ci sentiremo inseriti in un tutto e sapremo di essere uno dei tanti fronti sparsi per tutta la terra.

    Improvvisamente, tutte le pene notturne e le solitudini di un'umanità sofferente attraversano il mio piccolo cuore e lo addolorano. Quante pene voglio prendere su di me quest'inverno?

    È già successo che galeoni carichi di tesori naufragassero nell'oceano. L'umanità ha sempre provato a ripescare questi tesori sommersi. Nel mio cuore sono già naufragati tanti galeoni e per tutta la vita cercherò di riportare alla superficie una parte dei tesori che ora giacciono sul fondo. Non possiedo ancora gli strumenti adatti. Dovrò fabbricarli dal nulla.

    “Henny, anch'io credo, so che esiste un'altra vita. Credo persino che certe persone siano in grado di vederla e di viverla anticipatamente. Quello è un mondo in cui gli eterni sussurri mistici si sono fatti viva realtà, e in cui gli oggetti e le parole comuni hanno acquistato un significato più alto. È probabile che a guerra finita gli uomini saranno più ricettivi a quella realtà, che l'umanità intera sarà compenetrata di un ordine superiore”.

    Credo di vedere sempre meglio gli abissi che inghiottono le forze creative e la gioia di vivere dell'uomo. Sono buche che ingoiano tutto e queste buche sono nella nostra stessa anima. A ciascun giorno basta la sua pena. Inoltre: l'uomo soffre soprattutto per la paura del dolore. Ed è la materia, è sempre la materia che attira tutto lo spirito a sé e non viceversa. “Vivi troppo con lo spirito”. Perché, Osias? Perché non ho abbandonato immediatamente il mio corpo alle tue mani desiderose? L'uomo è una strana creatura. Quanto vorrei scrivere. Da qualche parte in me c'è un'officina in cui dei titani riforgiano il mondo. Una volta avevo scritto disperata: è proprio nella mia testolina, nel mio cranio che dev'essere spiegato il mondo. Ora lo penso ancora di tanto in tanto, con una presunzione quasi diabolica. Riesco sempre più ad affrancare la mia forza creativa dalle necessità materiali, dal pensiero della fame, del freddo e dei pericoli. È comunque un pensiero, non una realtà. La realtà è qualcosa che bisogna prendere su di sé, con tutto il suo dolore e con tutte le sue difficoltà, e intanto che la si sopporta, la nostra pazienza aumenta. Ma il pensiero del dolore - non il dolore “vero”, che è fruttuoso e può render la vita preziosa -, quello va distrutto. E se si distruggono i preconcetti che imprigionano la vita come inferriate, allora si libera la vera vita e la vera forza che sono in noi, e allora si avrà anche la forza di sopportare il dolore reale, nella nostra vita e in quella dell'umanità.

     

     


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