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    Dice un proverbio popolare: «È facile condurre una cavalla fin dentro al fiume; difficile è costringerla a bere (se non ne ha voglia)». Bruno Bettelheim, uno dei maggiori educatori del secolo scorso, diceva che a scuola i professori tentarono di insegnargli quello che lui non voleva imparare. Lui non «bevve» e la scuola gli venne in uggia.
    Non si dica che i bambini non vogliono apprendere. Afferma Aristotele, nelle prime righe della sua Metafisica: «Tutti gli uomini desiderano imparare». Credo che i bambini non facciano eccezione, anzi è il contrario! Mi permetto di correggere Aristotele come segue: «Tutti gli uomini, finché sono bambini, desiderano imparare». Per i bambini il mondo è un immenso parco giochi.
    Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da una brava insegnante, Edith Chacon Theodoro. Alla lettera ella ha aggiunto una lista di domande che i suoi alunni le avevano fatto spontaneamente. Eccone alcune: «Perché il mondo gira su se stesso e attorno al sole? Perché la vita è generosa con pochi e avara con molti? Perché il cielo è azzurro? Chi ha inventato la lingua portoghese? Come hanno fatto gli uomini e le donne a scoprire le lettere dell'alfabeto? Qual è stata l'origine del Big Bang? L'inferno esiste davvero? Come si spiega che qualcuno non ami le piante? È nato prima l'uovo o la gallina? Un cieco sa cos'è un colore? Se nell'Arca di Noè c'erano animali selvaggi, come mai non hanno sbranato gli altri animali? Dove andrò quando morirò? Perché mi piace tanto la musica se in famiglia non c'è nessuno che suoni uno strumento? Perché sono così nervoso? Perché c'è il vento? Perché i buoni muoiono giovani? Perché la pioggia cade in gocce e non tutta in una volta?».
    Una lista di domande «che frullano nella vostra testa» l'aveva sollecitata ai suoi alunni anche José Pacheco, l'educatore portoghese ora direttore della Escola da Ponte (una delle scuole più intelligenti che ho visitato, ed è intelligente perché dà più importanza alle domande che alle risposte). Ebbene, la lista delle domande che gli alunni gli restituirono assomigliava a quella che ho riportato qui sopra.
    Entusiasmato dall'intelligenza dei suoi alunni, il professor Pacheco decise di fare la stessa esperienza con gli insegnanti della sua scuola (non si trattava ancora della Escola da Ponte). Chiese agli insegnanti di mettere per iscritto la domande che avevano più a cuore. Il risultato fu sconcertante: ciascun professore si limitò a fare domande relative alla sua disciplina. Insomma: i professori di geografia fecero domande sugli accidenti geografici; i professori di portoghese sulla grammatica; quelli di storia su fatti storici; quelli di matematica su problemi non risolti di matematica...
    Se è vero che, come scrive Ludwig Wittgenstein, «i limiti del mio linguaggio denotano i limiti del mio mondo», dovremmo dire che gli insegnanti – mi perdonino la metafora – sono cavalle che vogliono bere in un solo fiume. Se rileggi adagio le domande dei bambini, esse ti rivelano meravigliosamente una sete immensa di conoscenza. I mondi dei bambini sono immensi: la loro sete non può estinguersi con l'acqua di un solo fiume: è sete d'acqua di ruscello, lago, laguna, pioggia, fonti, sorgenti, pozzi.
    Mi sono sempre preoccupato per quello che la scuola fa agli alunni. Adesso mi sto preoccupando di più per quello che la scuola fa agli insegnanti. Sono – mi perdonino di nuovo la metafora – cavalle che hanno perso la curiosità, felici con le acque del fiume noto. Fiumi differenti le spaventano. Fanno domande false: quelle di cui sanno la risposta. È ripetizione del viottolo consueto che porta al fiume consueto e niente rivela dello stupore/ spavento che si prova quando si guarda il mondo con attenzione. Eppure gli insegnanti furono bambini, e da bambini le loro domande erano differenti. La scuola ha insegnato loro il modo giusto di bere: ognuno nel proprio fiume. Ma giacché la scuola come istituzione è una creazione umana e le creazioni umane possono essere cambiate, vale la pena cambiarla. Gli insegnanti torneranno a bere a molte fonti e a fare le domande che si pongono i bambini.

    (Pedagogia del desiderio, EDB 2015, pp. 99-101)


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