In quale nascondiglio del cuore
Lidia Ravera
Caro figlio, [...] non permettere a nessuno di impedirti di vivere per la prima volta quello che, prima, qualcun altro ha vissuto.
"Anch'io ai tempi" è una frase sopportabile soltanto se è l'inizio di una fiaba. Ascolta con pazienza. Con interesse se è interessante.
Oppure non ascoltare. Cambia stanza.
Sappi per certi che niente è replicabile.
Nessuno passa per lo stesso punto, nello stesso modo, o con gli stessi occhi. Nessuno guarda mai lo stesso quadro. [...]
Ti prego, ma ti prego veramente, di non rinunciare a esprimere, a provare, a giudicare, a schierarti, a dannarti per quello che, secondo te, non va bene, non funziona, non è giusto, non è nel senso d'un tendenziale armonico sviluppo del pianeta.
Non credere, ti prego, a chi ti dice che non sarai tu, a mutare gli equilibri del mondo, che non sei nella stanza dei bottoni.
La stanza dei bottoni ce l'hai dentro.
È al tuo io, che devi rendere conto, innanzitutto.
Non avere paura di essere "in pochi".
Non avere paura di essere massimalista; di occuparti di cose più grandi di te: ogni cosa grande ha evidenze piccine, riscontrabili da chiunque abbia occhi.
Le cose grandi sono le più importanti. Non c'è bisogno di diventare grandi per occuparsene.
Anzi, ad aspettare si rischia che sia poi troppo tardi.
Io li vedo, perché ci vivo in mezzo; gli adulti che non erano massimalisti ragazzini, sono rimasti minimi, non hanno sogni, solo prospettive.
Niente è vecchio di quello che puoi fare.
Dato che tu sei nuovo.
Non avere paura di pretendere un silenzio rispettoso, da parte di chi dichiara di sapere come vanno a finire le cose.
Se non lo sai, non è perché sei piccolo, è perché sei più attento, meno passivo, più intelligente.
Non partecipare, ti prego, al coro di sfiducia.
È pigra, è noiosa, è facile la sfiducia.
E ce n'è in giro troppo.
(Lidia Ravera, In quale nascondiglio del cuore, Mondadori 1993)