30 novembre 1943
80 anni dalla morte
«L'unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di prepararli fin d'ora in noi stessi.
In qualche modo mi sento leggera, senz'alcuna amarezza e con tanta forza e amore.
Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me, ogni giorno?
Stamattina ho pregato pressappoco così.
M'è venuto spontaneo d'inginocchiarmi su quella dura stuoia di cocco del bagno e le lacrime mi scorrevano sul volto.
E credo che quella preghiera mi abbia dato forza per tutto il giorno».
«Anche se abiti in un sottotetto e mangi solo pane secco, vale comunque la pena di vivere.
E sebbene questi tempi rendano difficile l'esistenza, impedendoci di vivere appieno, non dovremmo comunque farne una tragedia o lasciare che tutto vada tristemente in malora.
Anche questo fa parte della vita e non si può stabilire se la rovina debba colpire me o un'altra persona, ma non bisogna prendersi troppo sul serio nemmeno in tal caso.
Ci sono molte cose attorno a me e la vita è ricca, sebbene debba essere conquistata minuto per minuto. E adesso al lavoro!
E conserva la pace e non dimenticare Dio nel frattempo».
«Le minacce e il terrore crescono di giorno in giorno.
M'innalzo intorno la preghiera come un muro oscuro che offra riparo, mi ritiro nella preghiera come nella cella di un convento, ne esco fuori più “raccolta”, concentrata e forte.
Questo ritirarmi nella chiusa cella della preghiera diventa per me una realtà sempre più grande, e anche un fatto sempre più oggettivo. mia unità, lontana da tutte le distrazioni.
E potrei immaginarmi un tempo in cui starò inginocchiata per giorni e giorni - sin quando non sentirò di avere intorno questi muri, che m'impediranno di sfasciarmi, perdermi e rovinarmi».
«Un giorno pesante, molto pesante...
Ma ogni volta so ritrovare me stessa in una preghiera - e pregare mi sarà sempre possibile, anche nello spazio più ristretto.
E, neanche fosse un fagottino, io mi lego sempre più strettamente sulla schiena, e porto sempre più come una cosa mia, quel pezzetto di destino che sono in grado di sopportare: con questo fagottino già cammino per le strade».
«Voglio essere un'unica, grande preghiera. Un'unica, grande pace. Devo portare nuovamente la mia pace con me. Pensa Tu alla mia pace, mio Dio, dovunque mi troverò. Potrebbe essere che non la sento più perché sto per compiere dei passi sbagliati? Forse - non so. Sono una persona così socievole, mio Dio, non ho mai saputo quanto. Voglio stare fra gli uomini, fra le loro paure, voglio vedere tutto da me e capirlo e raccontarlo più tardi».
Da qualche parte in me ci sono una malinconia, una tenerezza e anche un po' di saggezza che cercano una forma. A volte mi passano dentro dialoghi, immagini e figure, atmosfere. Questo improvviso affiorare di qualcosa che dovrà diventare la mia verità. Questo amore per gli altri che dovrà esser conquistato - non nella politica o in un partito, ma in me stessa. C'è ancora una falsa timidezza che m'impedisce di confessarlo. E poi Dio. “La ragazza che non sapeva inginocchiarsi e che pure lo imparò, sul ruvido tappeto di cocco, in una disordinata camera da bagno”. Ma sono faccende intime, quasi più intime di quelle del sesso. Vorrei poter rappresentare in tutte le sue sfumature queste processo interiore, la storia della ragazza che imparò a inginocchiarsi.
Sabato mattina [22 novembre 1941]